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‘Dalla nostra nascita nel ’71 mai vista una violenza così deliberata e diffusa contro civili e sistemi sanitari’

Lo denuncia Minardi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia. ‘Drammi in aumento nel mondo, ma meno risorse a causa dei tagli agli aiuti umanitari’

Nel Sud di Gaza, il team Msf del pronto soccorso presso il centro di assistenza sanitaria primaria di Al Mawasi si affretta a stabilizzare due giovani ragazzi con ferite da arma da fuoco subite nei siti di distribuzione degli aiuti Usa-Israele a Rafah (10 luglio 2025)
(Nour Alsaqqa/MSF)
15 luglio 2025
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«Non sono un’esperta di geopolitica o di diritto internazionale, sono un medico, e quando mi vengono chieste delle considerazioni sull’attuale situazione umanitaria nel mondo non posso che ricondurre il discorso sul piano che meglio conosco, quello della mia professione. E da questo punto di vista mi sento di affermare che è in corso un’epidemia dilagante, col totale disprezzo delle leggi umanitarie internazionali che proteggono lo spazio di cura». Le parole della presidente di Medici Senza Frontiere (Msf) Italia Monica Minardi denotano l’ampiezza e l’intensità della sua apprensione per un quadro internazionale che negli ultimi tempi ha assunto delle tinte particolarmente cupe. «Dalla nostra nascita nel 1971 abbiamo sempre agito in contesti molto complessi, ma mai caratterizzati da una così diffusa e deliberata violenza nei confronti delle popolazioni civili e dei sistemi sanitari», dichiara Minardi, che ha più volte operato in progetti fuori Italia.

Si presenta, quello odierno, come un contesto caratterizzato dal moltiplicarsi di scenari di conflitti e guerra in cui tutto sembra essere lecito – anche radere al suolo ospedali pieni di pazienti e sparare sulla popolazione ridotta alla fame in attesa di cibo, come a Gaza –; da luoghi resi sempre più inospitali da emergenze climatiche che costringono un numero crescente di persone a fuggire; dall’erosione dei diritti civili e sociali delle categorie di popolazione più vulnerabili a cui non è garantito l’accesso alle cure; il tutto alimentato dall’impegno sempre più limitato dei tradizionali attori umanitari a causa degli ingenti tagli ai finanziamenti pubblici responsabili di vuoti pericolosi laddove il bisogno è più acuto; nonché da una narrazione criminalizzante sulle organizzazioni non governative che sta prendendo inesorabilmente piede, al pari di leggi sempre più restrittive nel Nord ricco e privilegiato del pianeta nell’ambito dell’accoglienza. Un quadro di fronte a cui Minardi arriva comprensibilmente a dire che «si sono persi i punti di riferimento fondamentali della nostra umanità».

Crollati programmi per malnutrizione, Hiv e salute materno-infantile

I tagli ai finanziamenti pubblici – che non toccano direttamente Medici Senza Frontiere in quanto a livello globale il 96% dei suoi fondi arriva da donazioni private (il 95% in Svizzera, il 100% in Italia) mentre il restante da aziende e fondazioni –, decretati in particolare dal governo degli Stati Uniti ma anche da diversi Paesi europei, stanno avendo un impatto trasversale devastante, illustra Minardi, che lo scorso mese è stata ospite a Mendrisio di una serata organizzata dalla Supsi dal titolo ‘Presente e futuro dell’azione umanitaria con Medici Senza Frontiere’. «Migliaia di persone che operano nel settore umanitario sono state licenziate dalla sera alla mattina – articola la dottoressa, aprendo un lungo elenco non esaustivo –. Programmi vitali, come quelli per la malnutrizione infantile, stanno subendo battute d’arresto drammatiche: dopo virtuosi progressi, la lotta a questa problematica sta regredendo a livelli di decenni addietro, con conseguenze tragiche per la salute e la vita dei bambini. Analogamente, i progressi fatti contro l’Hiv sono in pericolo, specialmente in Africa, il continente più colpito. Le conquiste in termini di parità di accesso alle cure per gruppi vulnerabili e discriminati, come la comunità Lgbtqi+, sono anch’esse in preda a crescenti minacce. Pure la salute delle donne incinte, delle persone con malattie croniche e dei malati oncologici in contesti di conflitto è gravemente compromessa. A Gaza, ad esempio, mesi fa l’ultimo ospedale oncologico è stato ridotto in macerie, non come effetto collaterale ma deliberatamente, privando i pazienti malati di cancro dell’unica possibilità di cura».

Insomma, «comunità intere stanno perdendo l’accesso a servizi sanitari vitali», riassume Giacomo Lombardi, delegato per la Svizzera italiana di Msf, che rimarca: «Anche se Medici Senza Frontiere non è direttamente coinvolta dai tagli ai finanziamenti all’aiuto umanitario, vediamo gli effetti sui nostri pazienti, specialmente dove i programmi per l’Hiv, la salute materno-infantile o la malnutrizione sono crollati a causa dei tagli». Per dare un’idea in cifre, in un recente articolo sull’autorevole ‘The Lancet’ si stima che considerando unicamente i tagli ai finanziamenti americani si prevedono 14 milioni di morti in più in cinque anni, principalmente a causa della mancanza di programmi per l’Hiv. Le popolazioni coinvolte in contesti di crisi sono le prime a pagare il prezzo di simili decisioni: già esposte a conflitti, violenze e privazioni, dice Minardi, «si trovano ora anche senza quel minimo supporto vitale garantito dall’assistenza umanitaria. La carenza di servizi di base, dall’acqua potabile alle vaccinazioni, diventa una condanna per milioni di persone, amplificando la sofferenza e la disperazione».

Ritiro di massa e vuoto impossibile da colmare

L’indipendenza finanziaria di Medici Senza Frontiere si conferma oggi un baluardo fondamentale che garantisce all’organizzazione libertà di azione anche quando altri attori sono costretti a ritirarsi. Tuttavia questo ritiro di massa genera un vuoto impossibile da colmare, in un contesto in cui i bisogni sono enormi e in costante crescita e che mette a dura prova le capacità di intervento. Servono dunque maggiori risorse anche a Msf, il problema è che «davanti a un aumento generalizzato di richieste fondi e di concorrenza per riceverli i donatori e le donatrici che ci supportano possono sentirsi eccessivamente sollecitati e provare un senso di scoraggiamento perché “non basta mai”», dice Minardi. Msf lavora inoltre spesso in collaborazione con le organizzazioni locali e la società civile – «non agiamo in un vacuum dove arriviamo e risolviamo le situazioni» – che però sono anch’esse sotto attacco. «La difficoltà ad accedere a luoghi remoti a causa della riduzione dei mezzi di trasporto forniti da altre agenzie umanitarie complica ulteriormente l’operato di chi è sul campo», spiega la dottoressa.

Sempre più muri istituzionali

Un altro aspetto particolarmente preoccupante di questo scenario, rileva la nostra interlocutrice, «è l’atteggiamento di molti Paesi ad alto reddito, come l’Italia e altri dell’Unione europea, che si schermano alzando dei muri istituzionali che rendono sempre più difficile per le persone migranti accedere a una vita migliore attraverso vie legali. Questo porta a un numero crescente di morti in mare, come nel Mediterraneo centrale, e lungo i percorsi via terra, trasformando la ricerca di sicurezza in un viaggio letale».

La presidente di Msf Italia sottolinea la grave responsabilità degli Stati nella restrizione degli accessi legali e nella criminalizzazione delle operazioni di soccorso in mare. «I decreti del governo italiano, specificamente mirati a ostacolare le Ong, hanno costretto navi di ricerca e soccorso per i migranti in difficoltà come la Geo Barents – gestita da Medici Senza Frontiere – a fare viaggi lunghissimi per raggiungere porti lontani spesso senza una ragione plausibile, obbligandoci a scegliere tra persone tutte estremamente vulnerabili». Recentemente è stato pubblicato un rapporto intitolato ‘Manovre mortali: ostruzionismo e violenza nel Mediterraneo centrale’ basato su dati operativi e medici e sulle testimonianze dei sopravvissuti raccolte dalle équipe di Msf a bordo della Geo Barents, che descrive in dettaglio come, dopo oltre due anni di operazioni sotto leggi e politiche restrittive in Italia, tra cui il decreto Piantedosi e l’assegnazione sistematica di porti remoti, la capacità delle navi di ricerca e soccorso di fornire assistenza salvavita sia stata fortemente limitata, ciò che ha portato alla decisione di porre fine alle operazioni di Geo Barents nel dicembre 2024. «Senza contare – aggiunge Minardi – che abbiamo sempre cercato il dialogo, mai accolto, col governo per gestire tale fenomeno che è stato trasformato in crisi soprattutto per questo tipo di politiche».

Le politiche restrittive sulla mobilità delle persone per la presidente di Msf Italia «non solo sono disumane, ma si dimostrano anche inefficaci. L’unico risultato concreto è la proliferazione di tragedie, con le persone che, prive di alternative, si vedono costrette a intraprendere viaggi sempre più pericolosi. Eppure l’esempio dell’accoglienza dei rifugiati ucraini dimostra che, quando c’è la volontà politica, l’integrazione e l’assistenza sono possibili senza creare “crisi” artificiali». Nonostante il dramma in corso, l’esempio dell’Ucraina, «con la possibilità per i suoi cittadini di lasciare il Paese ed essere accolti in Europa – specifica Minardi –, mostra che l’accoglienza strutturata è possibile e non genera “invasioni” insostenibili. La crisi del Mediterraneo, con 150mila persone all’anno, è un fenomeno gestibile».

Minardi mette l’accento anche sulla violenza istituzionale sistematica contro i migranti alle frontiere e lungo la rotta balcanica. «L’esternalizzazione delle frontiere fuori dalla Fortezza Europa, che spinge la gestione dell’immigrazione verso Paesi come la Libia e la Tunisia dove le condizioni dei luoghi di detenzione sono riconosciute come tortura da organismi internazionali, solleva interrogativi profondi sui “valori” che così si pretende di difendere».

Violazioni deliberate alimentate dalla certezza dell’impunità

La deliberata violazione del diritto umanitario internazionale, il non rispetto della protezione dovuta a civili e operatori sanitari, l’attacco mirato a strutture di cura, la retorica disumanizzante «non sono una novità – indica Minardi –. Sono cose già successe anche in passato. Il prossimo 3 ottobre ricorderemo i 10 anni dal bombardamento a Kunduz in Afghanistan del centro traumatologico supportato da Medici Senza Frontiere da parte dell’esercito statunitense. Il fenomeno, ripeto, non è nuovo, ma con questa quasi certezza dell’impunità, con questa frequenza non si era mai visto e dà l’idea che non si possa quasi ormai fare più niente per fermarlo. Quando un attore sceglie deliberatamente di non rispettare le convenzioni internazionali senza subire conseguenze si crea un circolo vizioso che incoraggia altri a fare altrettanto. Se non ricostruiamo in fretta lo spazio fisico sicuro di cura, dove non si senta il rumore dei droni sulla testa di continuo, dove i sanitari e chi viene assistito non siano minacciati da missili o bombe, penso che andremo alla deriva e che il valore dell’umanità che dovrebbe accomunare la comunità internazionale rischia di affogare del Mediterraneo per raggiungere sul fondo le decine di migliaia di morti in questi anni», afferma la presidente Msf Italia sottolineando la crisi etica e morale che accompagna le emergenze attuali.

Difendere i valori fondamentali dell’umanità, più necessario che mai

Che fare? «Non arrendersi. Noi continuiamo a portare avanti i nostri progetti – risponde Minardi –. In Italia ne abbiamo ad esempio uno a Palermo in collaborazione con l’università per la riabilitazione dei sopravvissuti a torture che sta andando molto bene. Ne abbiamo un altro per la popolazione migrante nei centri di accoglienza dell’Agrigentino. Proseguiamo anche con l’attività di lobbying, di advocacy e di denuncia nei confronti di certe politiche e azioni e per difenderci da detenzioni arbitrarie come per la Geo Barents».

La crisi del diritto internazionale «è evidente e come fermarla rimane una domanda aperta – commenta dal canto suo Lombardi –. Per Medici Senza Frontiere resta ferma la nostra missione volta a salvare vite umane, in qualsiasi contesto di conflitto o socio-politico, anche in presenza di ostilità crescenti. In questo scenario, continuare a operare è già di per sé una forma di resistenza». Quanto all’azione specifica in Svizzera, «come altrove, ma forse anche di più che in altri Paesi – rileva il delegato per la Svizzera italiana di Msf –, facciamo un’attività di pressione, di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, di testimonianza, di informazione. Recentemente, insieme ad altre organizzazioni della società civile, abbiamo contribuito a suscitare attenzione sulle attività della cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation. Accogliamo positivamente la decisione del governo svizzero di chiudere la sede di Ginevra», commenta Lombardi, che si dice consapevole che la sfida generale è enorme, «ma difendere i valori fondamentali dell’umanità è più necessario che mai».