laR+ La recensione

Smarrimento collettivo in una danza per la vita

Al cospetto di ‘Surviving you, always’, il nuovo spettacolo del Collettivo Treppenwitz, nei giorni scorsi a Lugano

Visto al Lac
(Luna Macelloni, Valerio Salvatore, Francesco Scaramuzzi)
11 gennaio 2025
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Un titolo evocativo, che con forza disperata si aggrappa alla vita, quello dell’ultimo spettacolo proposto dal Collettivo Treppenwitz per la regia, idea e realizzazione di Simon Waldvogel in scena al Lac (che lo co-produce) gli scorsi giorni. Si inizia questo viaggio in silenziosa e incerta poesia, si termina con i bassi prorompenti del dancefloor di un club, che paiono continuare, appunto, all’infinito. In ‘Surviving you, always’ è chiaro sin dal principio, e dichiarato dall’autore stesso, che l’attenzione è dedicata ai sopravvissuti. Non è uno spettacolo sulla morte, ma sulla permanenza del lutto nei vivi, sulla devastazione del vuoto, sulla risonanza dell’assenza in stanze vuote. Nato da una necessità di elaborazione molto intima, il lavoro di Waldvogel si evolve poi in evento collettivo di condivisione.

Controllo

La scena è asettica, volutamente fredda, pulita e liscia come l’acciaio. Precisa e definita, forse come una soglia, non come la vita. Solo la filigrana di diapositive d’epoca colorano e donano respiro a un paesaggio altrimenti monocromo e quasi monodimensionale. Il palcoscenico quadrato, il pubblico suddiviso su due lati a 90 gradi, e in scena pannelli mobili, attrezzi in metallo, proiezioni. Come accade sempre più spesso ultimamente, scritte a computer su uno schermo aprono in sordina la performance cui andremo ad assistere: compaiono si cancellano si sovrappongono e si impongono in un gioco di rimbalzi e assonanze, di senso e flusso. Dispositivo assolutamente pertinente qui, se si pensa a quella cascata di emozioni, domande, sentimenti contrastanti, così rumorosa eppur muta, che può invadere chi resta, dopo una dipartita. La cascata poi è presente anche fisicamente in una lunga sequenza, a rappresentare l’acqua che porta via, muta il paesaggio, ricostruisce, plasma, e poi si fa altro, simbolo di partenza e rinascita. Tre personaggi (Waldvogel, Francesca Sproccati e Giacomo Toccaceli) si muovono con esasperato controllo sulla scena: saranno tele – i costumi di Francesca De Giorgio sono minimali e assolutamente bianchi, su cui si imprimeranno i ricordi visivi, corpi che danno vita al passato ma anche corpi al servizio di una performance altrimenti sostanzialmente visiva e sonora.

Cura

‘Surviving you, always’ è uno spettacolo estremamente curato, il progetto visivo e il lavoro sullo spazio di Daniele Spanò ospita in un gioco alternato di luce e buio uomini e macchine che raccontano della loro finitezza e confusione; la musica della compositrice Magda Drozd lascia spazio ai pensieri, si intromette come arcaico battito cardiaco e poi accompagna in una catartica trance da club gli spettatori; le parole, scaturite da un lavoro con la poetessa Ilaria Boffa, sanno incastrarsi perfettamente in questo meccanismo. Il tempo della reazione all’impatto con la morte è giustamente dilatato, stirato ed esasperato, e tutti partecipiamo effettivamente a questo smarrimento collettivo in una danza senza fine.