Jazz Cat Club

Jane Monheit: ‘La musica è tutta la mia vita’

L’hanno definita la nuova Ella Fitzgerald: ‘Il complimento mi lusinga, è la mia eroina’, risponde la cantante statunitense, il 24 febbraio ad Ascona

Al Teatro del Gatto, via Blue Note
23 febbraio 2025
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Dopo due serate al Ronnie Scott’s di Londra e altrettante al Blue Note di Milano, il mini tour europeo di Jane Monheit approda finalmente al Jazz Cat Club (l’appuntamento è per lunedì 24 febbraio alle 20.30 al Teatro del Gatto – Biglietti su jazzcatclub.ch o alla cassa). La popolare cantante jazz americana ci parla del suo amore per il jazz, per la bossa nova e di quella volta che cadde sul palco per dei tacchi a spillo troppo alti.

Jane che cosa significa per te cantare? È una necessità fisica, spirituale, un piacere, un modo per sentirti viva, un lavoro?

Oh per me cantare è semplicemente tutta la mia vita. Da quando sono nata ho sempre cantato, e davvero non riesco a immaginare che cosa vorrebbe dire non poter cantare. È semplicemente il mio modo di esprimermi, di buttar fuori quello che ho dentro.

Quindi è anche un’esigenza fisica?

Oh certamente! Divento depressa se non canto! Se per un periodo non ho uno show mi sento giù.

Il canto è una pratica quotidiana che ti aiuta a tenere allenata la tua bellissima voce?

Non necessariamente una pratica quotidiana. Ogni tanto è anche importante far riposare la voce. Una buona tecnica vocale aiuta molto a preservarla, ma non bisogna abusarne, ci sono tempi di recupero.

Cantare per te non è mai stato semplicemente un lavoro?

Beh ti dirò, per un periodo, quando ero molto giovane e improvvisamente la mia carriera esplose, un lavoro lo è stato davvero. Fra prove, concerti, registrazioni in studio, incontri coi media e altri impegni, ero continuamente sollecitata. Per una decina di anni ho vissuto a ritmi semplicemente folli. Ora, per fortuna, le cose si sono normalizzate ed è meraviglioso così, mi sento felice.

Quando sali sopra un palco che cosa provi? Come vivi i concerti dal vivo, il contatto col pubblico?

A dire il vero, normalmente mi sento più a mio agio su un palco che nella vita di tutti i giorni. Non sono frottole: fuori dal palco mi sento spesso impacciata e sono anche timida.

Fai ancora tanti concerti?

Oh sì, un sacco, soprattutto negli States. Sono sempre in tournée.

E dopo tanti anni di carriera, che cosa ti emoziona e ti motiva ancora?

Penso che la cosa più importante siano le persone, il pubblico e i musicisti della band, che spesso poi col passare del tempo diventano cari amici. Vedere la felicità dipinta sui volti dei tuoi musicisti e del pubblico: non c’è niente di più appagante.

Il tuo più bel ricordo e il peggior flop dal vivo?

Dunque, vediamo... Show memorabili ne ricordo tanti, ma il più grande flop…? Forse quella volta che caddi sul palco. Portavo tacchi a spillo molto alti e sono inciampata cadendo pesantemente. Non ti dico che imbarazzo! Per fortuna eravamo in un piccolo club di Denver (ride di gusto, ndr).

Molti ti paragonano a Ella Fitzgerald. Come vivi questi confronti?

Oh-mio-Dio! (ride di gusto, ndr) Non ho mai pensato in tutta la mia vita di potermi paragonare a Ella! Però è un complimento che mi lusinga, perché Ella è davvero la mia eroina…

Cioè?

Per la sua maestria musicale e come cantante rimane la numero uno. Poi era anche una persona gentile, affettuosa con tutti quelli che conosceva. E per me questa è la cosa più importante.

Hai quasi 30 anni di carriera alle spalle e hai sempre lavorato con artisti di grande livello: c’è una collaborazione che ti ha davvero lasciato un segno indelebile?

Sicuramente quella con il cantante, musicista e compositore brasiliano Ivan Lins. Non riesco a ricordare il momento esatto in cui ho sentito per la prima volta la sua musica: forse è stato alla mia prima lezione di canto con Peter Eldridge, quando avevo 17 anni e iniziavo la Manhattan School of Music. Le sue canzoni mi hanno catturata immediatamente, e le amo profondamente da allora. Ne ho registrate molte, fra cui anche quattro in duetto con lo stesso Ivan. La bellezza e la brillantezza della sua musica hanno cambiato la mia vita, e oltretutto lui è la persona più adorabile che si possa sperare di incontrare.

Da qui anche la tua passione per la bossa nova?

Oh sì, adoro la bossa nova. Il ritmo, le armonie, la melodia, l’emozione: c’è tutto!

Ad Ascona ti esibisci in quartetto. Come sarà il programma? Un mix di standard jazz e alcuni brani di bossa nova?

Presenteremo la musica del mio nuovo album, che propone un interessante mix di arrangiamenti di jazz e di musica brasiliana, con anche un tocco cubano. Ho la fortuna di avere con me sul palco una band strepitosa. Dico davvero, sono tutti musicisti con cui lavoro da tempo. A cominciare dal pianista Max Haymer, che ha scritto una buona parte degli arrangiamenti e che ho l’onore di portare con me per la prima volta in Europa. Poi al nostro fianco ci saranno il mio bassista preferito, Luca Alemanno, e il mio batterista preferito, che no, non è mio marito (ride, il batterista Rick Montalbano Jr., ndr) ma un fantastico, giovane musicista tedesco: Patryk Dobosz.

Grazie per l’intervista Jane. Ho dimenticato qualcosa?

Ricorda il mio sito: www.janemonheitonline.com. Vi aspetto al concerto!