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‘Heidi’ in Borneo, tra famiglia e ambiente

Il regista romando Claude Barras ci racconta ‘Sauvages’, il suo film d’animazione realizzato in stop motion con la sua storia ancora più attuale

20 febbraio 2025
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Tra gli alberi tagliati per far spazio a una delle tante piantagioni che minacciano la foresta pluviale del Borneo, la piccola Kéria e suo cugino Selaï incontrano un cucciolo di orango, battezzato Oshi. Inizia così, per Kéria, un inaspettato viaggio nella foresta, alla ricerca del cucciolo scappato e, soprattutto, della cultura di sua madre, una donna del popolo Penan. È il viaggio che Claude Barras racconta in ‘Sauvages’, film d’animazione arrivato dopo il successo nel 2016 di ‘La mia vita da Zucchina’, la delicata storia di Icare, rimasto solo dopo la morte della madre alcolizzata.

‘Sauvages’, già proiettato in francese, Piazza Grande al Locarno Film Festival, è ora in programmazione, anche nella versione in italiano, nelle sale ticinesi. «Ma non mi sono occupato dell’adattamento: è un lavoro molto specifico che conosco poco, preferisco lasciare questo lavoro ai professionisti» ci ha spiegato Barras.

Nella versione originale francese, alcuni dialoghi erano in lingua Penan, tra l’altro registrati in Francia grazie a un colpo di fortuna.

Quelle parti sono in Penan anche nelle altre versioni del film. Inizialmente abbiamo provato a mantenere le voci originali, cercando per il doppiaggio attori che avessero la stessa voce, ma alla fine abbiamo preferito doppiare anche quelle parti, facendo ripetere agli attori le parole in Penan e ha funzionato abbastanza bene.

Per quanto riguarda le voci originali, più che un colpo di fortuna è stata una storia d’amore. Nelly Tungang è una donna Penan cresciuta nella foresta seguendo le tradizioni del suo popolo e che negli anni Novanta ha incontrato un avventuriero francese. Si sono innamorati e lei e sua figlia, che aveva 8 anni, sono venute a vivere a Digione. Io le ho incontrate grazie alla Fondazione Bruno Manser e così Nelly non solo ha fatto da coach per gli attori, ma ha anche tradotto in Penan quello che avevo scritto in francese e dato la voce alla nonna. Sua figlia Sailyvia ha fatto la voce della mamma di Selaï, e suo fratello Komeok, che era in viaggio in Europa per parlare della lotta dei Penan, ha potuto raggiungere lo studio di registrazione per fare la voce del papà di Selaï. Inoltre, Nelly ha suonato la musica tradizionale e ha cantato nei titoli di coda, ed è appena stata candidata ai premio del cinema belga, i Magritte, per la migliore colonna sonora.

Quella di Locarno era una delle prime proiezioni del film. Adesso è un po’ che lo accompagna in giro: le sue impressioni?

Sì, ho seguito diverse anteprime nei cinema in diversi paesi. Può sembrare ripetitivo, e in parte lo è davvero, ma il pubblico è ogni volta diverso, alcune domande ritornano spesso ma ci sono anche domande e letture del film molto diverse. Certamente il tema del film per me è principalmente la famiglia, la trasmissione dei valori in un mondo dove tutto cambia velocemente e accelera, ma dato che si svolge a Borneo e c’è la foresta che viene abbattuta, il tema ecologico viene spesso citato e purtroppo l’ecologia, in questo momento, non è molto popolare. Temo che questo ostacoli un po’ la distribuzione del film.

‘Sauvages’ è quindi più vicino al precedente ‘La mia vita da Zucchina’ di quello che, vedendo le due ambientazioni così diverse, può sembrare.

Sì, cambia l’ambientazione, ma non cambia quello che racconto: quello che mi interessa è il mondo moderno, il mondo degli adulti visto attraverso gli occhi dei bambini, e cosa gli adulti trasmettono ai bambini, quali valori. È questo il tema di entrambi i film. E anche del mio prossimo progetto.

Sono le domande che mi pongo innanzitutto per me stesso e in fondo faccio film proprio per riflettere su questi temi. Sono un giovane papà, ho una figlia di 3 anni, e i miei nonni erano agricoltori tradizionali in montagna che, proprio come per i Penan, hanno visto dei grandi cambiamenti a livello culturale e nel modo di vivere. Che cosa trasmetterò a mia figlia? E come umanità dove stiamo andando? La risposta non è né bianca né nera, ma dobbiamo interrogarci su alcune parti della nostra società che sembrano un po’ complicate e non molto costruttive.

Una curiosità. A un certo punto mi hanno chiesto perché non raccontare la storia dei miei nonni. Perché in realtà c’è già Heidi che racconta tutto questo, ‘Sauvages’ è quasi un po’ un remake di Heidi in Borneo: ci sono il nonno, il cugino, la città e la campagna.

Ma, lo abbiamo accennato, ‘Sauvages’ racconta anche di ambientalismo, di convivenza e rispetto tra culture. Temi sui quali, anche questo lo ha accennato, c’è adesso minore sensibilità. ‘La mia vita da Zucchina’ era invece uscito al momento giusto.

Penso che ‘Sauvages’, nel 2018 o 2019, avrebbe forse avuto un altro pubblico. Ma allo stesso tempo penso che sia ancora più importante che questo film esista oggi, per le persone che hanno voglia di resistere a questo mondo violento… Penso alla vittoria di Donald Trump, uno che ha fatto un assalto al Campidoglio, che mente e che cambia idea tutti i giorni. E che più in generale rappresenta un certo modello di successo: penso lo si possa dire, è un’oligarchia ormai, non è più una democrazia, siamo di fronte a dei miliardari che decidono del futuro di un paese, e anche di molti paesi, in modo violento.

Sono i due poli delle nostre società: da un lato c’è il capitalismo, c’è una libertà intesa come fare quello che si vuole, compresa la violenza e la mancanza di rispetto; dall’altro lato rimane l’idea di condividere le ricchezze, di condividere i valori, di includere le persone. È quest’ultimo mondo quello che io voglio difendere e per questo spero che ci saranno sempre persone che resisteranno. Anche se siamo talmente bombardati di cattive notizie che facciamo fatica a unirci e non sappiamo più dove mettere la nostra forza, è questo che è difficile in questo momento.

Prima ha anche accennato a un prossimo progetto. Può parlarcene?

Sì, con un produttore francese abbiamo trovato i finanziamenti per un film al quale abbiamo iniziato a lavorare durante la pausa Covid. Speriamo di realizzarlo nel 2026 e girare nel 2027, in modo da ultimarlo per l’inizio del 2028. È l’adattamento di un fumetto che si intitola ‘Ce n’est pas toi que j’attendais’: è la storia di un ingegnere civile francese che, in Brasile per lavoro, sposa una donna brasiliana; la coppia ha un primo figlio e poi, quando aspettano il secondo, decidono di trasferirsi in Francia dove scoprono che la bambina ha la trisomia 21, la sindrome di Down. Nel fumetto racconta tutto il suo percorso, con l’angoscia, la depressione, la rivolta, la rabbia, fino al momento in cui c’è stato l’amore. Ed è un bellissimo fumetto, ma è una cronaca, quindi non è stato facile scrivere la sceneggiatura, ma ora siamo soddisfatti.

Come ha detto, c’è il tema della famiglia, della trasmissione dei valori tra generazioni.

E direi anche della differenza, della marginalità: i bambini della casa famiglia di ‘La mia vita da Zucchina’ erano bambini ai margini, i Penan sono un po’ ai margini della società, e anche la disabilità ci può far riflettere sui margini e sull’inclusione.