In concorso anche il poco convincente documentario della regista ucraina Kateryna Gornostai e la bella commedia del romando Lionel Baier
Il Concorso di questa Berlinale numero 75 ha già presentato i suoi film: 18 – evidentemente pochi per arrivare fino alla fine del festival – riservando nel finale quello che potrebbe essere l’Orso d’Oro, l’attesa commedia umana ‘Geu jayeoni nege mworago hani’ (What Does that Nature Say to You) di Hong Sangsoo, accompagnata dal documentario di propaganda ‘Strichka chasu’ (Timestamp) dell’ucraina Kateryna Gornostai, assente giustificata perché ha appena partorito e la simpatica e applaudita commedia svizzero-francese ‘La cache’ (The Safe House) di Lionel Baier.
Sono pochi oggi gli autori che possiamo chiamare maestri, tra questi sicuramente il coreano Hong Sangsoo attento lettore dei tempi e della società di un paese complesso qual è la sua Corea del Sud. Qui ci fa conoscere Donghwa (un bravo Ha Seongguk), un poeta sulla trentina che accompagna la sua ragazza da tre anni, Junhee (la convincente Kang So-yi), da Seoul alla casa dei genitori di lei, tra le colline di Icheon. Donghwa è sorpreso per le dimensioni della casa e dei suoi verdeggianti giardini; mentre danno una rapida occhiata in giro, incontrano Oryeong (l’ironico e bene in parte Kwon Haehyo), il padre di Junhee, che accoglie con grande simpatia il poeta, gli ricorda che anche sua moglie fa la poetessa, e gli chiede di poter far un giro sulla sua vecchia macchina. La sera, durante una cena luculliana, le discussioni si fanno fitte mostrando la differenza di classe tra lo squattrinato poeta e la ricca famiglia della sua ragazza; Oryeong spinge Donghwa a bere e il poeta ubriaco esprime la sua rabbia di classe, prima di cadere sfinito. Nella notte marito e moglie si chiedono se sia un partito giusto per la figlia, mentre il poeta si sveglia e va a vedere la luna e le stelle. Nel viaggio di ritorno verso casa, la vecchia macchina di Donghwa si ferma in autostrada, il poeta accende una sigaretta e il regista lo riprende casual e a bassa risoluzione, imitando genialmente come il poeta vede il mondo quando non indossa gli occhiali. E gli applausi scoppiano improvvisi, per un film che è grande cinema e che, poesia, canta la bellezza e la poesia che noi ciechi fatichiamo a vedere e ascoltare.
Sempre in concorso convince ‘La cache’, una commedia alla maniera del maestro Sacha Guitry, scritta e diretta da un uomo di cultura cinematografica qual è il losannese Lionel Baier. La sceneggiatura è basata sul romanzo che Christophe Boltanski, nipote del famoso artista visivo Christian Boltanski, ha scritto sulla sua famiglia. Il regista a Parigi nei giorni del leggendario Maggio 1968, non per raccontarci di quella rivolta che ha cambiato il mondo, ma per mostrarci cosa accade in quegli stessi giorni, in un vecchio palazzo parigino, dove in un grande appartamento vive un bambino di nove anni (il bravo Ethan Chimienti) che nel film è anche il narratore. I veri protagonisti del film sono il nonno (ultima recita di un sempre impagabile Michel Blanc, cui il film è dedicato) e la belligerante nonna (una magnifica Dominique Reymond); ci sono poi i genitori del bambino che sono sulle barricate, due zii, un artista visivo e un aspirante intellettuale, e una bisnonna che era ballerina e veniva da Odessa. I dialoghi sono irresistibili, la commedia è stupenda e a un certo punto interviene sulla scena, a scombinarla, un Charles De Gaulle in cerca di un posto dove nascondersi per pensare a come rispondere a quelle rivolte giovanili e frenare gli errori del suo premier Georges Pompidou. È un film che scorre lieve regalando sorrisi, elegante e soave, e gli applausi sono meritati. Non ha convinto invece ‘Strichka chasu’ (Timestamp) di Kateryna Gornostai un film sulla situazione scolastica nell’Ucraina in guerra, un tour tra le varie realtà sparse nel paese e che portano fisicamente, con distruzioni parziali o totali, il peso di un conflitto ancora irrisolto. La regista calca la mano con qualche situazione anche imbarazzante come le foto dei soldati ucraini morti nella biblioteca scolastica e la maestra che consola una bambina che ha visto la foto di suo papà morto. Sono realtà vivide e toccanti, ma di fronte alle classi vuote manca un accenno ai milioni che hanno abbandonato il paese mentre si mostra l’importanza dell’educazione alla guerra e all’uso delle armi, con un soldato che dice ai bambini che la guerra durerà altri dieci anni e che toccherà a loro combattere.
La Giuria è già al lavoro.