laR+ La recensione

‘The Shameless’, quando l'abuso è una tradizione quotidiana

Nel film di Konstantin Bojanov una storia d’amore proibita, portavoce di una condizione di moderna prigionia più estesa

Nelle sale
24 aprile 2025
|

Spesso consideriamo le nostre idee occidentali di morale e di etica come universalmente riconosciute, dimenticandoci essere concetti e modi di vivere plasmati attorno a ideali di pace e uguaglianza, ottenuti in un lungo processo storico e umano. Non è del tutto così in India, dove la parità sociale e di genere sembrano essere lotte perse in partenza; il paese più popoloso al mondo è sempre più lontano dal suo magnetismo esotico del passato, quello di Siddharta, dei Veda e dello Yoga, perché il suo ritratto è ormai composto dalle baraccopoli, dal sudicio Gange, dal matrimonio forzato minorile e dall’ingiustizia della differenza tra caste. ‘The Shameless’, di Konstantin Bojanov, è un film di denuncia sociale, ambizioso e lontano dai fronzoli dei kolossal in stile soap opera dell’industria cinematografica indiana, quella dei vari Bollywood e Tollywood. Crudo, spietato e inflessibile, racconta una storia femminile di distruzione e autodistruzione, ragionando anche sull’ipocrisia del pudore.

Renuka è una prostituta con gravi problemi di dipendenza e un passato di abusi alle spalle. Inseguita dalla polizia in seguito a un grave crimine commesso, la donna si dà alla macchia e, in attesa di un trasporto per lasciare il paese, si avvicina a una giovane del posto, Devika, diciassettenne timida e innocente. Nasce dunque un amore proibito, ostacolato dalla famiglia della giovane nonché dalle avance di un uomo potente. La tragedia è annunciata e Renuka dovrà ribellarsi da sola contro un mondo patriarcale e sessualizzante, facendo però attenzione a non trascinare Devika con sé nel baratro.

Un amore pericoloso, che nasce tra due persone profondamente diverse tra loro, distanti per età e status sociale, illecito e quindi inesorabilmente destinato a schiantarsi contro la comunità tradizionalista, abbandonata dalla legge e quindi abituata a farsi giustizia da sola, secondo i propri valori. La moralità crolla in favore di un’empatia più solida: nonostante i crimini e il comportamento violento, Renuka diventa una sorta di vendicatrice che si fa carico delle sofferenze del genere femminile, ma è una lotta che non può vincere, sconfitta dalle caste e da un sistema di valori che non può veramente ribaltare. ‘The Shameless’ è quel tipo di dramma che costringe lo spettatore a confrontarsi con l’impotenza di molte donne, che ancora non possono scegliere per loro stesse, quindi finiscono per essere vittime di un circolo di violenze, abusi sessuali e mercificazione.

Per più di mezzo miliardo di donne indiane, una certa forma di sottomissione è una tradizione, passata di generazione in generazione e trasmessa anche tra le donne, dalle nonne alle madri e dalle madri alle figlie. Qui, la prostituzione appartiene sì alla strada, ma anche all’interno delle mura domestiche, quindi sembra ineluttabile e il destino di una donna diventa una mera estensione di quello di un uomo, che detiene il potere e il possesso per entrambi.

‘The Shameless’ è una produzione travagliata ma che finalmente raggiunge il grande schermo e denuncia con forza l’abuso sistemico e radicato nella cultura indiana, quindi la differenza di peso che rivestono i ruoli nella società, portando alla luce la terribile verità secondo la quale la vita ha un valore minore se si ricopre un ruolo considerato di minor importanza nella società. Un grande plauso alla protagonista Anasuya Sengupta, prima attrice indiana a vincere il Prix de la meilleure actrice nella sezione ‘Un certain regard’ a Cannes 2024. Il personaggio che interpreta, Renuka, è ambivalente, forte e determinata come ‘Rosetta’; in questo caso, tuttavia, non esiste giustizia od onestà, è solo pura e semplice lotta per la sopravvivenza, in una giungla umana dove vige la legge del più forte. In questo contorto tugurio a cielo aperto, l’ultima ruota del carro diventa una strana icona di eroismo e coraggio, per tutte le donne che sopravvivono come possono, perché non hanno una vera e propria possibilità di decisione, vittime di un circolo vizioso e costrette, chi più chi meno, alle stesse sofferenze.