Aveva 76 anni. Grande attore di teatro, rimarrà per sempre il micidiale Tano Cariddi, oscuro e tormentato uomo di mafia
Una paradossale legge del contrappasso che spesso costringe i grandi attori a essere riconosciuti per un solo personaggio, quello inciso nella memoria popolare, colpisce adesso il ricordo di Remo Girone, scomparso ieri nel Principato di Monaco dove da tempo amava vivere insieme a sua moglie Victoria Zinny. Per tutti Girone rimarrà sempre il micidiale Tano Cariddi, oscuro e tormentato uomo di mafia contro cui si battono prima il commissario Cattani (Michele Placido) e poi la giudice Silvia Conti (Patricia Millardet) nei vari episodi de ‘La Piovra’, uno dei più grandi successi televisivi di sempre. Invece l’uomo gentilissimo, elegante, sommesso nei modi e nei gesti che era nato all’Asmara in Eritrea nel 1948, ha attraversato il teatro, il cinema e la televisione italiana da gran signore per oltre mezzo secolo con una duttilità di ruoli e di maschere che solo oggi, con gli occhi della memoria, sappiamo riconoscere.
Fin da ragazzo in Eritrea si mette alla prova sul palcoscenico ottenendo successo e attenzione dai giornali locali. Tornato in Italia a 13 anni per frequentare la scuola italiana, lascia presto l’università preferendo le lezioni dei maestri di recitazione all’Accademia Silvio d’Amico e misurandosi a teatro con un vasto repertorio da Shakespeare a Miller, pur dichiarando subito che la sua vera passione era Anton Checov. Quasi per caso debutta al cinema nel 1974 con ‘L’anticristo’ di Alberto De Martino su un set affollato di colleghi famosi da Carla Gravina a Mel Ferrer, da Alida Valli a Mario Scaccia e Umberto Orsini. Ma i critici si accorgono di lui nello stesso anno perché Miklos Jancsò, regista allora famosissimo, lo sceglie per il suo ‘Roma rivuole Cesare’, un film dello stesso anno girato per la televisione. A Checov lo riporta Marco Bellocchio nel 1977 con ‘Il gabbiano’, ma da allora sono moltissimi i ruoli da non protagonista che lo vedono ogni volta cambiare pelle e confermare il talento.
Se al cinema lo abbiamo visto in più di 50 pellicole, spesso firmate da autori come Pasquale Squitieri, Damiano Damiani, Ettore Scola, Riccardo Milani, in tv è una presenza fissa fin dalla metà degli anni 70 con lo stesso numero di titoli di qualità. Parla bene il francese, si destreggia con l’inglese e la sua voce di velluto seduce più di un regista straniero, tanto da diventare uno di nostri caratteristi più ricercati all’estero, da James Mangold a Ben Affleck, da Jacques Rivette a Tom Tykwer, fino ad Antoine Fuqua che lo ha diretto nel 2023 in “The Equalizer 3”. Eppure per tutti oggi e sempre Remo Girone rimane legato a ‘La Piovra’.
“Venivo dall’aver interpretato Raskol’nikov a teatro in ’Delitto e Castigo’ – ha raccontato di recente –. Quest’ultimo si sente al di sopra della morale comune e uccide un usuraio. Molto di questo personaggio l’ho portato in Tano Cariddi”. Ma pur avendo ormai i gradi del perfetto antagonista, Girone ha sempre amato sorprendere. “Non ho mai fatto distinzioni nella scelta di una parte sulle qualità umane di un personaggio, bensì sul tipo di personaggio – gli piaceva ricordare in una recente intervista a un quotidiano monegasco –. Quelli importanti, al di là delle doti morali, muovono la storia. Uno è protagonista quando il film gira intorno a quello che fa. Non conta solo la quantità, la presenza, ma anche che la storia sia in funzione dell’attore. Inoltre la trama trova forza se il ‘buono’ ha un antagonista ‘cattivo’ di peso perché questo crea il contrasto. Se quest’ultimo non è interessante, la storia non funziona”.
Invece ci piace ricordare che molte delle sue scelte più recenti mettevano in luce il suo sguardo buono, una figura di italiano gentile e saggio come il libraio de ‘Il diritto alla felicità’ di Claudio Rossi Massimi, il prete de ‘Il mio nome è vendetta’ di Cosimo Gomez, il buon dottore di ‘Equalizer 3’. Con Remo Girone se ne è andato un italiano anomalo, sempre discreto com’era nella vita, amante delle buone letture, curioso del cinema dei più giovani, legato al teatro dove la sua voce ha sempre primeggiato senza mai dover urlare.