Spettacoli

Stanley Jordan e Teodora Brody, un incontro tra terra e cielo

Domenica 9 novembre al Teatro Sociale di Bellinzona il chitarrista e la cantante in un concerto che promette magia

Un incontro d’anime
4 novembre 2025
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La cantante e percussionista rumena Teodora Brody e il leggendario chitarrista americano Stanley Jordan, che per l’occasione suonerà anche il pianoforte, tornano insieme sul palco: dopo avere presentato alla Carnegie Hall di New York il progetto ‘Impromptu’, domenica 9 novembre sono ospiti del Jazz Cat Club al Teatro Sociale di Bellinzona (inizio alle 17, prevendita su www.jazzcatclub.ch) per un concerto speciale che spazierà tra standard jazz, brani classici e improvvisazioni, con un unico filo conduttore: la voglia di celebrare la vita attraverso la musica.

Teodora, sei di origine rumena, hai cantato nel mondo e ora vivi in Ticino: che significato ha per te il concerto di Bellinzona?

Anche se sono spesso in tournée, dal 2024 vivo a Lugano con la mia famiglia: è un posto meraviglioso, con persone splendide e una lingua che amo. Le mie radici rumene restano forti e mi accompagnano sempre, ovunque vada. Ho già cantato a Lugano, all’Estival Jazz anni fa, ma questo sarà il mio primo concerto da quando vivo qui. Cantare nel luogo che ora chiamo “casa” è un’emozione speciale.

Un’emozione tanto più forte perché ti esibirai con Stanley Jordan. Il vostro ultimo concerto, l’anno scorso alla Carnegie Hall di New York, è stato speciale perché vi siete esibiti senza prove e senza spartiti, solo improvvisando. Come è nata l’idea?

Avendo studiato matematica, amo ciò che è struttura. Ma dentro di me c’è anche il bisogno di volare. L’idea è nata alcuni anni fa, dopo un progetto molto impegnativo con la London Simphony Orchestra, in cui abbiamo creato versioni vocali di alcuni brani sinfonici di Beethoven, Bartók, Enescu, unendo jazz, musica etnica e classica. Al termine, ero così stanca di studiare centinaia di pagine di spartiti che ho sentito il bisogno di cambiare registro. Così, per il mio concerto successivo in Romania, ho proposto ad alcuni dei miei migliori musicisti di salire sul palco improvvisando tutto il concerto: per una sera niente brani noti, solo ciò che nasce dall’anima e dalle nostre radici più profonde. Da lì è nato il progetto ‘Impromptu’, che ho poi sviluppato con vari artisti fra cui Stanley Jordan. ‘Impromptu’ alla Carnegie Hall è stato un’esperienza unica. Per la prima volta nella storia di quella leggendaria sala di concerti, due artisti si sono esibiti senza prove, senza spartiti né scaletta…

Come hai conosciuto Stanley Jordan?

Durante un mio tour negli Stati Uniti, vent’anni fa, con il progetto ‘Back to My Roots’. Non ci eravamo mai visti prima, ma ho avuto subito la sensazione di ritrovare un amico che conoscevo da sempre. Poco dopo abbiamo iniziato a suonare insieme: il nostro primo concerto è stato al Montreux Jazz Festival e da lì sono seguiti altri festival in giro per il mondo. Poi, come spesso accade, le nostre strade si sono separate per una decina di anni, fino a ritrovarci l’anno scorso a New York con il progetto ‘Impromptu’. Stanley è un artista immenso, un musicista visionario e persona di rara sensibilità. Quando suona, riesce sempre a toccare qualcosa di profondo. La sua manager, Marinela Colombo, che segue anche il nostro duo, dice sempre: “Siete anime sorelle, si vede da come suonate insieme”. Credo abbia ragione: tra noi c’è un’intesa spontanea, fatta di ascolto e fiducia.

Che cosa ci proporrete a Bellinzona?

Il concerto di Bellinzona si intitola ‘Hymns for Voice and Fingers’. È un viaggio tra standard jazz, brani classici e improvvisazioni, con un unico filo conduttore: la voglia di celebrare la vita attraverso la musica. Non cerchiamo la perfezione o il virtuosismo fini a sé stessi, ma la bellezza dell’incontro. In fondo, siamo due musicisti che continuano a divertirsi a giocare con i suoni, e forse è proprio questo il segreto.

La tua musica unisce jazz, classica, folklore e canto tradizionale rumeno. Come si intrecciano nella tua voce?

Canto ciò che amo, perché canto con il cuore. Sul finire degli anni 90 ho creato ciò che poi è stato chiamato ethno-jazz, una fusione organica tra radici rumene e linguaggio jazzistico. Il mio progetto ‘Back to my roots’ ebbe grande successo. Poi, cercando una vibrazione più alta nella mia vita privata, ho scoperto la musica classica. È stato un periodo difficile, con la paura della malattia e della morte. Ho smesso di cantare per un po’ e iniziato a lavorare sulla mia voce, seguendo una tecnica vocale insegnatami da alcuni monaci, i quali sostenevano che lo Spirito Santo si manifesti attraverso la voce. Grazie a questa pratica, la mia estensione vocale è arrivata a sfiorare le quattro ottave, permettendomi di cantare passaggi che, in una sinfonia o in una sonata, sarebbero affidati a un violino. Ho realizzato la prima versione vocale della Patetica di Beethoven, della Rapsodia Rumena di Enescu e altri brani assieme alla London Symphony Orchestra. Oggi porto tutto questo dentro di me, nella mia voce e nella mia musica. Posso passare da uno stile all’altro con naturalezza, grazie alla tecnica e al talento. Mi reputo un’artista coraggiosa, non seguo le mode né le visioni degli altri: seguo solo la mia visione e creo nuovi percorsi. Amo esplorare.

In un mondo pianificato, tu scegli l’imprevedibilità. Cosa desideri che il pubblico porti con sé?

La forza di lottare per la libertà, la gioia, l’amore incondizionato, la pace, soprattutto interiore. È la base della mia arte, anche se ha richiesto molto coraggio: offrire sempre qualcosa di nuovo, di vero. Il pubblico lo sente: ogni concerto è un viaggio dal mio cuore al loro e ritorno.

Quali nuovi progetti ti aspettano?

Il 25 novembre debutterò a Bucarest con lo spettacolo ‘From Mozart to Django Reinhardt’ assieme a Violoncellissimo, gruppo rumeno molto famoso con 12 violoncelli, e un trio jazz. E un progetto con musicisti di Harlem e una sorpresa che annuncerò poi. Mi piacerebbe portarli in Ticino.