Familiari degli ostaggi e società civile in piazza per chiedere un accordo di pace e il ritorno dei prigionieri
In Israele le hanno definite ore cruciali, ossia il tempo necessario al gabinetto di sicurezza riunito a Gerusalemme per decidere sul piano di occupazione della Striscia di Gaza.
I primi a opporsi sono i familiari degli ostaggi, terrorizzati dai rischi posti da nuove operazioni militari (se verranno indicate dal governo all'IDF) in aree mai colpite prima proprio per evitare di mettere a rischio i rapiti. Come ha avvertito lo stesso capo di stato maggiore Eyal Zamir durante l'incontro ristretto di due giorni fa. I familiari hanno lanciato un appello chiedendo di fermare quella che definiscono "la decisione catastrofica" di occupare la Striscia, ma di promuovere invece un accordo complessivo per il ritorno dei loro cari e la fine della guerra. "Chi amiamo è in pericolo immediato: alcuni rischiano la vita, altri di scomparire per sempre dentro la terra di Gaza. Anche lo Stato di Israele è in pericolo: rischiamo di perdere i nostri valori morali e la responsabilità reciproca. Unitevi a noi prima che sia troppo tardi", hanno detto. Chiamando la popolazione di Israele a partecipare alle manifestazioni organizzate in tutto il Paese contemporaneamente al consiglio.
La polizia è in stato di massima allerta, temendo scontri e incidenti. Migliaia di persone sono scese in piazza a Tel Aviv, davanti agli uffici del governo a Gerusalemme in una protesta collettiva che coinvolge l'intera società civile. Ma anche i reduci di guerra sofferenti di disturbo post-traumatico da stress che nel pomeriggio hanno bloccato l'autostrada Ayalon Sud denunciando l'inazione delle autorità, la mancanza di sostegno e i casi di suicidio di soldati, "abbandonati nel loro dolore dopo mesi e mesi di guerra a Gaza". Sull'autostrada 4 invece hanno impedito la circolazione gli ultraortodossi estremisti, per protesta contro l'arresto di un giovane religioso che ha disertato il servizio militare.
A mezzogiorno di giovedì ha preso il mare da Ashkelon verso il confine marittimo con la Striscia di Gaza una flottiglia di imbarcazioni con parenti degli ostaggi prigionieri a Gaza da 671 giorni. La fila di dieci barche, coordinata con l'esercito e la polizia, è rimasta al largo della Striscia per due ore, con i parenti che gridavano messaggi agli ostaggi con gli altoparlanti, lanciando salvagenti in mare come gesto simbolico. "Stiamo navigando per gridare il nome dei nostri amati, prigionieri di un'organizzazione terroristica omicida. Le voci di occupazione di Gaza e di espansione dei combattimenti li mettono in immediato pericolo di morte o di scomparsa. La restituzione di tutti i 50 ostaggi è l'unica vera immagine della vittoria israeliana", hanno detto prima di salpare.