L'organizzazione estremista ha scritto una lettera al tycoon: una tregua di 60 giorni a Gaza in cambio del rilascio di metà d
Scossa e scontro all'Onu sulla Palestina, dove una decina di Paesi annuncia formalmente il suo riconoscimento nella Conferenza di alto livello sulla soluzione a due Stati, convocata da Francia e Arabia Saudita.
Dura la reazione di Usa e Israele, che però sono sempre più isolate al Palazzo di Vetro. La mossa arriva nel pieno dell'escalation israeliana contro Gaza City e della proposta a sorpresa di Hamas: secondo Fox News, l'organizzazione estremista ha scritto una lettera a Donald Trump chiedendogli di garantire una tregua di 60 giorni a Gaza in cambio del rilascio di metà degli ostaggi detenuti, anche se finora il presidente ha insistito per la liberazione di tutti.
La lettera sarebbe attualmente trattenuta dal Qatar e verrà consegnata a Trump nel corso della settimana, probabilmente durante i lavori del Palazzo di Vetro, dove il tycoon interverrà martedì affermando il potere unilaterale degli Stati Uniti e "attaccando le istituzioni globaliste", come ha anticipato la Casa Bianca.
A guidare il push diplomatico per il riconoscimento della Palestina è Emmanuel Macron, il primo ad annunciare alcune settimane fa la svolta di Parigi. Seguito poi a ruota da altri importanti Paesi occidentali, come la Gran Bretagna, il Canada, l'Australia e il Portogallo, che hanno anticipato l'annuncio domenica, mentre oggi la lista si allunga ulteriormente: oltre alla Francia, Belgio, Finlandia, Lussemburgo, Malta, Nuova Zelanda, San Marino. Con la Danimarca che evoca un ancora non meglio precisato "cambio di posizione".
Riconoscere oggi lo Stato di Palestina "è l'unico modo di fornire una soluzione politica a una situazione che deve finire", ha detto Macron all'americana Cbs, spiegando che è l'inizio di un processo politico da cui si attende un cessate il fuoco, il rilascio di tutti gli ostaggi e il ripristino degli aiuti umanitari a Gaza.
Il capo dell'Eliseo ha ribadito che la sua mossa sulla Palestina e le sue obiezioni contro la guerra nella Striscia non hanno nulla di antisemita. Il riconoscimento della Palestina è il passaggio cruciale della conferenza co-presieduta da Macron e dal premier e principe ereditario saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud, in videoconferenza come il presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen, cui gli Usa hanno negato il visto.
È intervenuto anche il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, insieme a oltre 30 tra leader e ministri degli esteri, compreso Antonio Tajani. Gli Usa, tramite il Dipartimento di Stato, hanno liquidato la mossa degli alleati come "puramente simbolica", spiegando che "il nostro obiettivo rimane una diplomazia seria, non gesti da performance. Le nostre priorità sono chiare: il rilascio degli ostaggi, la sicurezza di Israele e la pace e la prosperità per l'intera regione, possibili solo senza Hamas".
Per l'ambasciatore di Israele all'Onu, Danny Danon, "dichiarazioni vuote che ignorano la realtà e le forze sinistre della nostra regione non portano a nulla, nessuna dichiarazione di alcun Paese cambierà il semplice fatto che, prima di tutto, gli ostaggi devono essere restituiti e che Hamas deve essere sconfitto".
Ma il riconoscimento della Palestina, come in parte la guerra in Ucraina, evidenzia un clamoroso disallineamento tra gli Usa e una parte dell'Europa e più in generale dell'Occidente, con vari Paesi alleati che sfidano Trump e il suo alleato di ferro. L'Italia e la Germania restano a metà strada, avendo firmato con altri 140 Paesi la precedente dichiarazione di New York a favore della soluzione dei due Stati ma ritenendo prematuro il riconoscimento di una Palestina che "oggi non esiste e il cui futuro va costruito", come ha ribadito il ministro italiano Tajani.
Trump intanto cerca di ritessere i fili col mondo arabo-musulmano, riunendo martedì a New York un gruppo ristretto di leader del Golfo perché prendano parte a un piano post-bellico per Gaza e persino inviino truppe per una forza di stabilizzazione che sostituirà l'esercito israeliano, secondo Axios.
I leader arabi dovrebbero chiedere al tycoon di fare pressione su Netanyahu affinché ponga fine alla guerra nella Striscia e si astenga dall'annettere parti della Cisgiordania: una "linea rossa" per l'Arabia e gli Emirati, che minacciano di ritirarsi dagli Accordi di Abramo, il principale risultato di politica estera di Trump nel suo primo mandato presidenziale. Stesso monito da vari Paesi europei, da Londra a Berlino. Ma la risposta di Bibi al riconoscimento della Palestina potrebbe essere proprio questa: per farlo chiederà il disco verde del tycoon lunedì prossimo nella sua visita alla Casa Bianca.