Nella Republika Srpska (Rs), l'entità a maggioranza serba della Bosnia-Erzegovina (BiH), si chiude oggi la campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali anticipate di domenica, indette dopo la destituzione del presidente nazionalista in carica Milorad Dodik. La revoca del suo mandato era giunta lo scorso agosto in conseguenza della conferma di una sua condanna a un anno di reclusione e sei anni di interdizione da ogni incarico politico per disubbidienza reiterata alle delibere dell'Alto rappresentante internazionale in BiH Christian Schmidt.
La reclusione era stata commutata in una multa pari a 18 mila euro (prevista dalla legge locale per condanne fino a un anno), con Dodik che aveva poi accettato di farsi da parte, sostituito ad interim in ottobre nell'incarico di presidente della Rs da Ana Trisic Babic, una sua stretta collaboratrice. Una decisione che sembra aver contribuito alla revoca il mese scorso delle sanzioni Usa nei confronti di Dodik, imposte a più riprese negli ultimi anni a causa della sua politica separatista e destabilizzante.
I candidati al voto anticipato di domenica per subentrare a Dodik sono sei, ma ad essere nettamente favorito è Sinisa Karan, del partito Snsd di Dodik, che lo sostiene apertamente invitando a votare per lui quale suo fidato successore.
Il candidato di maggiore spicco dell'opposizione è Branko Blanusa del partito Sds, che promette di lavorare per superare le divisioni e migliorare il tenore di vita nell'entità serbo-bosniaca. In campagna elettorale Dodik - vero candidato ombra alle spalle di Blanusa - ha martellato sul significato del voto di domenica. A suo dire un vero e proprio referendum: "chi non vota per Karan vota per (l'Alto rappresentante) Schmidt e per l'occupazione straniera", ha ripetuto nei suoi incontri e comizi elettorali, con riferimento al duro braccio di ferro che lo contrappone al diplomatico tedesco, da lui ritenuto illegittimo nella sua carica di Alto rappresentante non essendo stato approvato dal consiglio di sicurezza Onu.
Dodik e il resto della dirigenza serbo-bosniaca accusano Schmidt di stare dalla parte della componente musulmana del Paese, che mira a uno stato centralistico per la Bosnia-Erzegovina, opzione questa che i serbo-bosniaci respingono con forza.