laR+ Declinazioni di pensiero

Si gioca per vincere?

(Keystone)

Fra le varie notizie curiose su Elon Musk ce n’è una che merita attenzione. Non stiamo parlando del celeberrimo saluto nazista, né delle incursioni punitivo-vandalistiche e neppure del siparietto che ha visto come protagonista il figlioletto chiacchierone, ma di un altro fatto riportato dal portale Watson a fine gennaio. Paragonato all’iperattività mostrata dalla banda MAGA di Trump – impegnata a organizzare guerre, a minacciare profughi e minoranze, a distruggere il pianeta, a smantellare agenzie statali e ad accusare gli europei di proibire la libertà di parola mentre intraprende una crociata contro i propri dissidenti – questo aneddoto potrebbe passare inosservato, ma si rivela utile per capire la natura dell’uomo più ricco del mondo.

Bisogna sapere che Musk fino a poco tempo fa veniva celebrato anche come uno dei grandi campioni del popolare gioco online Diablo 4. Peccato che sia poi stato pizzicato a barare e costretto ad ammettere che faceva giocare altre persone al posto suo. In seguito si è difeso affermando che altrimenti “sarebbe stato impossibile battere i giocatori asiatici” e che non aveva mai detto in modo esplicito che a giocare fosse davvero lui. Questo episodio mostra non solo che Musk non rispetta le regole, che si pavoneggia senza alcun merito e che fa di tutto per sottrarsi alle responsabilità negando l’evidenza, ma anche che è una persona intrinsecamente debole. Quando non è in grado di raggiungere un obiettivo, invece di lottare fa scendere in campo qualcun altro. E se questo Musk, perennemente in bilico tra il patetico e lo spaccone, è rappresentativo di tutti gli altri “vecchi maschi bianchi” che formano la corte di re Trump e costituiscono gli ingranaggi del potere, vuol dire che quegli ingranaggi funzionano male e che ben presto potrebbero impantanarsi in ostacoli chiamati “incompetenza”, “superbia”, “stupidità”.

Quando il potere si basa solo sullo schiacciare gli altri e sul generare profitti, senza una reale comprensione della complessità del mondo, senza creare nuove idee e senza offrire vere soluzioni, allora si tratta solo di becero populismo che il popolo, a sua volta, schiaccerà. Se ancora non è successo, nonostante le prime proteste di piazza, è perché il populismo cavalca frustrazioni e malcontento e si nutre degli umori della folla sfruttandola a proprio vantaggio e presentandosi per quello che non è. Perché è vero che i prezzi, insieme all’avidità, salgono, che il ceto medio soffre e che il futuro è incerto, ma le soluzioni che Trump e i trumpisti (anche quelli europei!) presentano esacerberanno i problemi, rendendoci tutti più poveri e oppressi. L’età dell’oro non è stata, come dice Trump, quella dei ruggenti anni Venti quando i capitali mondiali erano concentrati nelle mani di pochi ma, come dice l’economista Piketty, quella del dopoguerra, quando la ricchezza era distribuita in modo più omogeneo e gli Stati sociali proteggevano i cittadini.

A chi vogliamo credere? A Piketty o a Trump, che vuole annettere Gaza, che accusa l’Ucraina di aver iniziato la guerra e che a Davos ha cavalcato il nonsense più puro affermando di avere “un carbone buono, pulito e indistruttibile, che una bomba riuscirebbe al massimo a fare solo a pezzetti”?