laR+ I dibattiti

Eppure qualcosa si muove

(Ti-Press)

Eppur si muove. Siamo tutti convinti? Secondo un sondaggio condotto dalla National Science Foundation qualcuno è ancora e inconsapevolmente fra gli oppositori di Galileo. Per un americano su quattro la Terra è ferma nell’universo e il Sole le ruota attorno. Per giunta poco più della metà del campione intervistato (2’200 persone) crede che l’astrologia sia materia scientifica. Beati loro.

Pare che in Ticino il sedicente baricentro del sistema scuola stia perdendo massa (pardon, credibilità e faccia) a ritmo incalzante. Dall’estate scorsa il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (Decs) ha esposto il fianco in modo regolare a giudizi avversi: critiche da parte di docenti e studenti, azioni legali in campo amministrativo e penale, previsioni di assunzioni totalmente sbagliate, risoluzioni governative annullate dal Tribunale amministrativo, atti parlamentari e così via. Qualcuno ha pure sussurrato beffardamente che il Decs non sa assumere e neppure licenziare. Alla luce dei fatti pare difficile confutare un simile giudizio.

Chi semina vento raccoglie tempesta? Speriamo di no. Nell’originale contesto biblico, il detto indica che la cattiva condotta conduce verso la catastrofe. Per l’occasione è forse più appropriata l’espressione idiomatica: si raccoglie ciò che si semina (e si coltiva). Insomma, nulla di ineluttabilmente catastrofico a patto di riconsiderare la propria posizione e seminare generosamente cose buone per poi mietere con profitto. Di certo per lavorare la terra occorre piegare la schiena, postura tutt’altro che scontata e metafora di umiltà. Il Decs dovrebbe leggere e accogliere le critiche per migliorare la scuola e migliorarsi. Invece, quello che appare è la difficoltà, in particolare dei funzionari reggenti, ad accettare le critiche e farne tesoro. Tutt’altro, le opinioni altrui risultano lesa maestà. Perché non ammettere un errore o riconoscere un’alternativa migliore quando viene mostrata? Perché la direttrice del Decs non prende le distanze dai suoi funzionari? Probabilmente non può farlo.

Forse è vero, viviamo in un’epoca di “bolle” social e sociali, di “camere d’eco” dove si cercano solo conferme, evitando e ignorando il confronto con chi la pensa diversamente. Quando il dissenso si estende alla critica, alla politica, all’amministrazione, al dibattito pubblico, succede che non piaci più. Come nei social, con un click, sei “bannato”, bandito. La bolla rifugge la critica e al contempo è capace di dichiarare che il dissenso (anche quello che non piace) è un diritto e un dovere, il cuore della democrazia. Chi si circonda solo di persone che la pensano allo stesso modo, rischia di rimanere intrappolato in una “bolla” di certezze, incapace di vedere i propri errori, di adattarsi ai cambiamenti, di riconoscere la verità come corrispondenza tra le parole e la realtà, di prendere le distanze. E a volte è facile nascondersi dietro la retorica secondo la quale fa male alle istituzioni portare alla luce certe questioni. Basta nascondere sotto il tappeto ciò che fa comodo: per creare fiducia serve innanzitutto trasparenza.

I docenti a scuola insegnano che la democrazia non è un monologo, è un dialogo necessario anche se scomodo, anche se impopolare. Eppure qualcosa si muove.