Algeria. Un giorno imprecisato, di un passato recente:
“Mamma, domani parto. Lo so che è pericoloso, ma qui non ho sbocchi, non ho nemmeno più sogni. Parto domani mattina. No, non sarà una nave, nemmeno una barca. Sarà un mezzo di fortuna e saremo in tanti, ma voglio rischiare. Voglio almeno la possibilità di un futuro migliore. Certo che ti manderò dei messaggi. Se non mi sentirai più, portati sulla riva del mare e osservalo. Sarà l’acqua a dirti…”.
Svizzera, una notte di primavera:
“Come sono finito qui? Senza un mio ruolo nel mondo, senza nemmeno più il sogno di un futuro migliore, a contorcermi dal dolore. Non ricordo nemmeno cosa mi sia successo, perché mi ritrovo a terra senza fiato. Ho tanto freddo. Sento automobili passare, veloci e indifferenti, anche se è notte. Sento anche qualcosa che scorre, piano, laggiù. Non è il mare, non è nemmeno un fiume, ma è acqua. È l’ultimo mio scopo in questo mondo. Raggiungere l’acqua. La stessa che ho dovuto attraversare per arrivare qui.
Ci sono. La sento scorrere. Chiudo gli occhi”.
Un’anima in viaggio:
Riale Raggio, Torrente Faloppia, Fiume Breggia, Lago di Como, Fiume Adda, Fiume Po, Mare Adriatico, Mar Mediterraneo…
Algeria, una mattina di primavera:
“Sono giorni che non ho notizie… perché non mi scrivi… dove sei… cosa ti è successo… Mi sono portata sulla riva del mare, come mi avevi detto… immergo le mani. Ora ti sento. Aziz, figlio mio…”.