Il tête-à-tête fra Zelensky e Trump a margine della celebrazione nella basilica di San Pietro è stato ottimisticamente interpretato come un successo, se non addirittura il primo “miracolo”, del defunto pontefice. Le sedie sistemate al volo dai prelati della segreteria di Stato – tolta rapidamente quella per Macron, escluso senza tante cerimonie dal presidente americano – e la decina di minuti del colloquio fra i due capi di Stato illustrano bene la “leggerezza” della diplomazia ecclesiale sotto papa Francesco. Privilegiare il dialogo e l’“incontro” per fermare lo “scontro”. Resta comunque difficile prevedere come si tradurrà nei fatti, in particolare, la nuova presa di coscienza di Trump d’essere stato finora “menato per il naso” dall’amico Putin.
Per un capo spirituale le qualità morali sono più importanti che quelle politiche e l’eccezionale statura umana di papa Bergoglio copre tutto il suo pontificato e molto probabilmente cambierà durevolmente lo “stile” della Chiesa romana. Dare la priorità ai bisognosi, difendere la dignità dei migranti fino a spostare verso il Grande Sud Globale il centro del mondo sono però posizioni molto secolari e questa invadenza di campo è stata d’altronde mal presa, in particolare, dalla Casa Bianca. Mentre il fascino emanato dallo slancio riformatore del papa “buono”, a cui tutti, credenti e non, potevano sentirsi vicini, non è stato accompagnato, secondo la maggioranza dei vaticanisti, da altrettanta attenzione ai risultati. La fisionomia del potere in Vaticano con l’entrata di alcune donne nella congregazione incaricata della scelta dei vescovi non è che leggermente cambiata e la curia romana ha saputo resistere a una riforma generale della Chiesa. D’altra parte, le speranze di veder evolvere le sue posizioni su aborto ed eutanasia, in particolare, sono rimaste sconfitte.
Se il Vaticano può tuttora essere considerato lo Stato “con meno potere e più autorità del Mondo”, bene ha senz’altro fatto papa Francesco a parlare del cambiamento climatico e in favore dei movimenti di resistenza sociale contro il neocolonialismo economico. E la reazione stizzita del governo israeliano agli appelli del papa, fino al suo ultimo messaggio Urbi et Orbi, per l’entrata dell’aiuto umanitario e contro i “crimini” e l’“ignobile situazione umanitaria a Gaza” è una prova della sua autorevolezza morale. Dove una certa leggerezza sostanziale del pontificato di Francesco è tuttavia apparsa in questi ultimi anni non all’altezza del valore e l’autorità della sua persona è stato nella gestione diplomatica proprio del conflitto ucraino. D’un canto, il papa non aveva esitato, dopo aver ricordato “la grande Russia dei santi, di governanti, di Pietro I, di Caterina II”, a parlare del gran “abbaiare della Nato” alla sua porta. Dall’altro, come si è platealmente visto in San Pietro, la sua azione politica si è sfortunatamente limitata a incoraggiare “tutti gli attori coinvolti” a proseguire gli sforzi volti a raggiungere la pace. Dal 24 febbraio 2022, sia il papa che il suo Segretario di Stato Parolin e l’inviato pontificio cardinale Zuppi, entrambi candidati alla sua successione, non si son lasciati sfuggire né la parola “Russia” né ”invasore”. Bisogna vedere in tale reticenza un seguito delle cinque visite fatte da Putin al pontefice o un gesto per non urtare il patriarca ortodosso Kirill con cui il Vaticano cerca da tempo di rinsaldare i rapporti, senza mostrare alcuna comprensione per il nazionalismo della Chiesa greco-cattolica ucraina ma criticare la “persecuzione” della Chiesa ortodossa ucraina? La politica ecclesiale di papa Francesco, nonostante i suoi pressanti appelli alla pace in Ucraina e il suo ammonimento enciclico del 2020 che la guerra rappresenta “il fallimento della politica e dell’umanità”, non ha di fatto affermato la legittimità, ribadita da Giovanni Paolo II, di una “guerra giusta” e di “autodifesa” come quella del popolo ucraino. Stanislav Schyrokoradiuk, già vescovo di Kharkiv e Zaporizhzhia, che dei “grandi governanti russi” del passato ricorda invece le terribili infamie, di Bergoglio dice comunque solo parole affettuose: “Ha avuto una vita buonissima. Siamo umani, tutti”. Francesco sarebbe stato d’accordo.