laR+ I dibattiti

Confrontarsi pur restando divisi

(Ti-Press)

Bene ha fatto questo giornale ad alimentare il dibattito sulla funzione del debito pubblico e sul suo impatto, ma credo che ora sia giunto il momento di fare un passo avanti. Le nostre reciproche posizioni, in particolare fra i rappresentanti del mondo economico e gli esponenti politici e accademici della sinistra, sono e rimangono divergenti, pur riconoscendo tutti che esiste sia un debito “buono” sia un debito invece “cattivo”. Bisogna dunque cercare di uscire da questa logica della contrapposizione, fors’anche dalla retorica del buon padre di famiglia ma certamente anche da quella che gli sgravi fiscali fatti negli scorsi anni, pure con il benestare del popolo che si è espresso in votazione, hanno svuotato le casse pubbliche.

Fatto sta che a preoccupare è soprattutto la progressione del debito pubblico negli ultimi anni e dunque il rischio della divaricazione crescente fra le risorse finanziarie e fiscali disponibili e i costi crescenti a carico di cittadini, le imprese e naturalmente lo Stato. A ciò si deve aggiungere il debito miliardario della cassa pensione cantonale dei dipendenti pubblici, che si colloca stabilmente fra le casse pensioni peggiori della Svizzera e il cui piano di risanamento, di cui però pochi si accorgono, è a carico di tutti i cittadini contribuenti. Senza dimenticare l’assoluta necessità di entrare in materia sulla spesa pubblica chiarendo prima di tutto se lo Stato spende davvero bene le risorse che i cittadini e le imprese gli consegnano attraverso le imposte e le tasse.

Dovremmo pertanto fare uno sforzo maggiore per lavorare su quanto potenzialmente ci divide meno. Mi riferisco soprattutto al settore degli investimenti e alle politiche di sviluppo economico del territorio. E non solo. Ma su cosa potremmo lavorare forse costruttivamente?

Iniziamo allora da una delle cause principali della situazione odierna e cioè il crescente livello dei costi, la cui voce principale percepita dai cittadini è quella dei premi di cassa malati. In realtà in Svizzera tante voci di spesa costano più che altrove. Ma per restare a questo esempio, la prima risposta all’aumento dei costi della salute non può che essere un loro contenimento intervenendo sui diversi fattori che compongono la spesa sanitaria. C’è un evidente eccesso nella fornitura di prestazioni sanitarie, una struttura ospedaliera poco razionale, una facilità di accesso alla medicina da parte dei cittadini che causa costi non necessari e altro ancora. Sappiamo bene tutti cosa bisogna fare ma la politica non interviene, o perlomeno non lo fa sufficientemente, perché mettere le mani sul dossier sanitario significa rischiare di perdere consenso elettorale.

Le aziende non sono responsabili dell’aumento dei costi della salute e siccome il salario non è una variabile indipendente da tutti gli altri costi aziendali, bensì niente altro che la remunerazione della prestazione professionale del collaboratore, ne segue che questa non può essere la strada da percorrere per frenare l’aumento di questo genere di costi.

Il secondo aspetto che vorrei menzionare è quello della politica degli investimenti abbinata alle scelte di sviluppo economico che dovremmo fare nei prossimi anni, tenendo costo dei diversi fattori incidenti e in particolare: l’evoluzione demografica negativa, la necessità soprattutto per le piccole e medie imprese di aumentare il proprio grado d’innovazione, la formazione delle persone che lavorano in relazione all’impatto che le tecnologie avranno sulle loro professioni. Penso si tratti di argomenti sufficientemente concreti, sui quali un confronto basato su fatti e cifre corrette e non su chiacchiere è possibile. Ma è chiaro che è necessario mettere in campo finalmente anche una strategia programmata da parte delle istituzioni politiche.

Il terzo aspetto a cui mi riferisco è quello del circolo virtuoso. Conosciamo gli effetti e le cause dell’attuale situazione finanziaria difficile dello Stato, dei cittadini ma vorrei dire anche delle imprese e difettiamo come cantone Ticino nella capacità di proporre soluzioni e progetti lungimiranti per il futuro del territorio e della sua popolazione. Dobbiamo comprendere tutti che l’unica strada sensata che possiamo percorrere è quella di creare appunto un circolo virtuoso.

Ad esempio: non posso pretendere di attirare sul nostro territorio aziende molto innovative e con margini di profitto tali da permettere stipendi più elevati se queste aziende non trovano in maniera sufficiente le competenze di cui hanno bisogno.

Quello di adattare il territorio alle esigenze che s’impongono è un processo certamente lungo che prima iniziamo meglio è. La formazione è sicuramente in cima alla lista dei settori nei quali investire, ma poi dobbiamo mettere in atto tutte quelle politiche appropriate che servono ad avere effettivamente sul territorio le imprese che permettono di soddisfare i desideri professionali di tante persone. Ma vale beninteso anche il discorso contrario. Vorrei qui aggiungere che di fronte allo sfacelo comportamentale ed educativo provocato anche, ma non solo, dal debordare dei social network, la formazione di cittadine e cittadini responsabili e dotati di senso critico quanto competenti risulta essere sempre più un’emergenza nazionale.

Bisogna dunque tornare a una dialettica costruttiva, consapevoli che molte divergenze di fondo non saranno mai superate, ma ciò non toglie che anche la storia di questo piccolo territorio cantonale propone diversi esempi di soluzioni lungimiranti condivise da fronti politici e sociali contrapposti.