laR+ L’intrusa

Non basta piangere sulla montagna versata

(Keystone)

Tre milioni di metri cubi di roccia, fango e ghiaccio non possono passare inosservati. La tragedia di Blatten, di una montagna, di una comunità, di un Paese che deve fare i conti con un futuro diventato presente: pronosticato, temuto da alcuni, negletto da altri, ma mai veramente affrontato né dalla politica né dai singoli individui.

Lo avevano detto, e non come faceva Nostradamus con le sue profezie da fattucchiere di bottega, ma con dati scientifici alla mano: il cambiamento climatico avrebbe portato a delle conseguenze devastanti. E ora, eccoci qui. Dicono che sarà sempre peggio se non si interviene con decisione. Scioglimento dei ghiacciai (e del permafrost che, a quanto pare, serve proprio per tenere insieme le nostre amate montagne), conseguente carenza idrica nei periodi con meno precipitazioni, scomparsa di molte specie animali e vegetali, eventi climatici estremi – inondazioni e siccità – e poi incendi. Abbiamo visto tutto con una certa frequenza, negli ultimi anni. Anche da noi. Il cambiamento climatico non è più quindi una previsione lontana: è qui ed è vicina. Eppure in molti hanno parlato di “allarmismo ideologico”, hanno archiviato ogni proposta verso la protezione del clima con le solite motivazioni adatte a ogni occasione “burocratica, inutile e dannosa”.

Fabio Regazzi oggi parla di istituire un fondo per affrontare le conseguenze, senza ricordarsi però che il problema più grosso sta a monte. Sta nelle vane promesse di benessere effimero e ‘sgocciolante’ della nostra economia. Un arricchimento discutibile che ha portato solo disuguaglianze, consumo eccessivo di risorse e conflitti. Sono dati anche questi, fatti, ai quali però non vogliamo dar retta perché parte di un sistema così difficile da scardinare che è meglio lasciar perdere a priori.

La risposta della politica in questi anni si è rivelata inadeguata. Ha sempre preferito salvaguardare un costrutto finanziario e gli interessi di sempre meno persone, piuttosto che le vite di tutte e tutti. Anche ora si concentrano a difendere il concetto del “rientro della spesa”, così da non lasciare il peso del debito pubblico alle prossime generazioni, come solo un “buon padre di famiglia” farebbe. Operazione che aggrava solo i danni. Tagli in settori che garantiscono la sopravvivenza delle fasce più deboli della popolazione, incertezza verso il domani e insufficiente riguardo verso la protezione del clima. Conseguenze (anche queste) talmente ovvie e prevedibili che forse questa volta pure Nostradamus avrebbe potuto coglierle.

Non si capisce se questa cecità di fronte all’evidenza, climatica e politica, sia causata dalla nostra assuefazione alla post verità: una realtà appiattita e modellata anche con l’ausilio della miracolosa intelligenza artificiale. Un mondo in cui non sappiamo più nemmeno se credere a quello che vediamo con i nostri occhi, per cui meglio non credere più a niente e dunque non agire.

Ce lo avevano detto, però, i climatologi e gli esperti e noi li abbiamo ignorati: una montagna intera è caduta letteralmente sulla testa degli abitanti di Blatten. Con queste evidenze, vogliamo veramente credere ancora al miracolo economico e limitarci a creare fondi (ormai necessari) che cercano di fermare l’emorragia con un misero cerotto?

Siamo stati miopi, e forse anche impauriti da una realtà troppo grande da affrontare. Ma piangere sulla montagna versata serve solo a elaborare il lutto degli abitanti vallesani. Ora dobbiamo chiedere a gran voce che la nostra vita – soprattutto quella delle future generazioni – venga salvaguardata. È ciò che farebbe ogni buon padre (e madre) di famiglia.