I benestanti di Bellinzona vollero proprie villotte autoreferenziali, uno scempio che oggi l’autorità cantonale pretende di tutelare
Con l’arrivo della ferrovia il Ticino ha scoperto la modernità, innescando la volontà di trasformare i nostri borghi, fermi all’alto Medioevo, in moderne cittadine. Per capire il quartiere San Giovanni di Bellinzona si deve parlare di Palladio e conoscere il Plan Cerdá di Barcellona. Ai tempi la plebe viveva nel villaggio, nel borgo, in città e il feudale nel castello. Ma alla fine del ’400, con lo sviluppo dell’artiglieria militare, era diventato pericoloso abitare nel castello, di conseguenza i feudali si sono rifugiati in campagna, dentro grandi parchi. L’architetto Andrea Palladio (1508-1580), reinterpretando la villa romana, propose la ‘villa palladiana’ che ha riscosso un successo enorme e si è diffusa in tutto il mondo (il Campidoglio è palladiano). Caduti il feudalesimo e le signorie (apparentemente) se ne sono appropriati i borghesi, poi i piccoli borghesi e anche il ceto medio; e anche la classe operaia, che non si chiama più così e neanche più proletariato.
In un continuo processo di riduzione le ville sono diventate villotte, villette, villini, casine, casette dentro parchi sempre più ristretti che non sono neanche più giardini ma strisce di terra con cespugli, piante, fiori e anche nanetti stupefatti, circoscritti dai più svariati tipi di recinto con cancello, buca delle lettere, videocitofono e sofisticati congegni d’allarme. Una marea (d’illusioni) come di rifiuti che ricopre tutto il territorio. Democratica espressione di una società settaria, individualista, narcisista, edonista e consumistica che si ‘interroga’ sui motivi di tanta solitudine.
Il Piano Cerdà, piano di riforma urbanistica e ampliamento della città di Barcellona del 1860, propone una griglia continua di isolati ortogonali. Anche questa innovazione urbanistica ebbe un enorme successo e si diffuse in tutte le città d’Europa; anche in Ticino. A Locarno il quartiere Rusca, con la piazza e la fontana Pedrazzini, è l’intervento più grande e di pregio. A Bellinzona l’ex consigliere di Stato Benigno Antognini nel 1886 si adoperò affinché si urbanizzasse il comparto ai piedi del viale Stazione. Si approvò un progetto all’avanguardia: lungo il viale Guisan un parco a forma triangolare con la sua villa ‘palladiana’ e, tra il parco e il viale Stazione, quattro isolati rettangolari che si rifacevano, in piccolo, al Plan Cerdá. Era previsto di costruire sul limite dell’isolato per definire le strade e organizzare corti interne; e al piano terra artigiani, negozi, osterie.
Purtroppo i benestanti di allora, in quei recinti vollero proprie villotte autoreferenziali (di pessima qualità architettonica) ed è andata persa l’idea di un quartiere cittadino. Oggi le autorità cantonali pretendono di tutelare quello scempio (ndr: e il Municipio si è opposto con un ricorso al Tram). Valorizziamo la villa Antognini (o Beatrice) e quel che resta del suo parco, ma le costruzioni dentro i quattro isolati vanno sostituite con edifici moderni, contigui, sul limite dell’isolato, quattro piani d’altezza, per realizzare finalmente un quartiere cittadino, di qualità, come previsto in origine!