Alcuni giorni fa, il Parlamento cantonale è stato impegnato in una lunga sessione di lavori. Tra i vari temi in oggetto, i rappresentanti del popolo sono stati chiamati ad esprimersi anche sulla nuova Legge sulla promozione delle attività dell’infanzia e della gioventù (Legge per i giovani e per le colonie - LGioCo). I lavori commissionali – a mio parere: ben condotti dai vari commissari – hanno generato un ottimo risultato. Esito che ha trovato forma definitiva in Parlamento poiché la nuova legge è stata votata da tutti i presenti, salvo un’unica astensione (e se si pensa che i votanti erano settantacinque, non è davvero cosa da poco). Questo fatto fa onore a tutti i deputati, poiché con questo gesto hanno dimostrato di assumere una responsabilità rilevante riguardo ai destini del nostro Paese; destini che passano – e di questo sono fermamente convinto – anche dalle politiche dell’infanzia e della gioventù, così come da quelle economiche, scolastiche e formative, ambientali o a quelle legate alla sicurezza (tanto per fare qualche esempio).
Questa occasione è stata però a mio parere colta… solo parzialmente; trovo tutto ciò un vero peccato. L’adozione della forma della “procedura scritta”, non offrendo così l’opportunità a chi lo desiderava di avvalersi, almeno, della forma del “dibattito ridotto”, si è tradotta a mio parere – ma sono in buona compagnia – in un’occasione mancata, poiché ha mortificato sul nascere l’opportunità (per gli stessi parlamentari che nutrivano questo interesse o che erano in grado di farlo sul piano pedagogico-educativo) di confrontarsi con temi inusuali (è da quasi trent’anni che si attendeva un momento di questo tipo), senza dimenticare l’intenzione di alcuni giovani rappresentanti del popolo di dire la loro (e quindi, non solo di esprimersi su un tema a loro particolarmente caro, ma anche di maturare esperienza e di acquisire solidità) e senza chiamare in causa il lavoro che, in procedura di consultazione, centinaia di persone attive a vario titolo in questo settore, hanno prestato con attenzione, intelligenza e passione a beneficio dello Stato e della collettività. In un certo senso – provo ad avvalermi di un paio di metafore – è come se ci si fosse recati al saggio di danza di fine anno della propria bambina o alla finale del torneo di calcio del proprio pargoletto… ma si fosse arrivati in ritardo…; a luci in platea già abbassate, a calcio d’inizio già fischiato. Non è cosa da poco… Nei momenti che precedono l’andata in scena o i primi due passaggi, la mamma o il papà raccolgono le apprensioni e le incertezze dei propri bimbi per vivere insieme a loro questo importante momento, per far loro sentire quanto siano importanti, per sottolineare l’importanza del momento stesso per poterlo poi ricordare con grande emozione negli anni a venire. Tutto ciò, magari anche solo stringendo il nastrino elastico che raccoglie i capelli della bambina e dicendole che i movimenti di danza che esprimerà saranno tanto belli e i più aggraziati che ci sono; o anche aiutando il proprio campione ad allacciarsi le scarpette da calcio e assicurandolo del fatto che il gol che farà sarà da finale del Campionato del mondo.
Argomenti romantici? Forse sì, ma forse anche no poiché, mutatis mutandis le politiche dell’infanzia e della gioventù sono anche questo: cura e attenzione di chi (in Parlamento e fuori) le vuole non solo difendere ma anche promuovere, con passione e intelligenza (magari dopo averci anche lavorato tanto) e, così, poterle vivere fino in fondo.
In ogni caso – e questo rimane un fatto rilevante – la legge è stata approvata e dei suoi effetti potranno beneficiare tutti i bambini e i giovani che, già oggi, rappresentano la prospettiva principale delle nostre intenzioni.