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Quando il mondo scricchiola, la Svizzera tiene?

Il 1° agosto è, per molti, un giorno di tradizione: i fuochi, le bandiere, i discorsi ufficiali. Ma in questo 2025 segnato da guerre, sfide climatiche e tensioni sociali, la Festa nazionale dovrebbe essere anche – e soprattutto – un’occasione di riflessione. Perché mentre il mondo scricchiola, la Svizzera sembra ancora reggere. Eppure, anche il nostro sistema, così robusto in apparenza, non è immune alle scosse.

Negli ultimi anni abbiamo assistito all’indebolimento progressivo delle istituzioni internazionali. L’Onu, troppo spesso paralizzata dai veti. Il Consiglio d’Europa e la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, sempre più messi in discussione da governi che ne minano l'autorità. La stessa Unione Europea, pur potente, mostra crepe tra Est e Ovest, Nord e Sud. In un simile contesto, la fiducia nei meccanismi di cooperazione e tutela collettiva sta svanendo.

E la Svizzera? Siamo il Paese della neutralità attiva, della democrazia diretta, di un federalismo consensuale che, nel bene e nel male, ha sempre privilegiato il dialogo alla logica dello scontro. Il nostro sistema istituzionale ha garantito stabilità, pluralismo e coesione sociale dove altrove regnano polarizzazione e instabilità.

Ma attenzione, resistere non basta. La democrazia non è un’abitudine: è una scelta quotidiana. E anche la Svizzera deve guardarsi da alcune derive. L’erosione della fiducia nelle autorità, l’individualismo crescente, la retorica populista che scredita la politica e i media: tutti sintomi che, se trascurati, possono logorare le fondamenta.

In più, oggi più che mai, serve anche il coraggio di prendere posizione. Di fronte a tragedie come quella a Gaza, alla guerra che ancora devasta l’Ucraina, alla nuova corsa globale agli armamenti che minaccia la sicurezza collettiva, la neutralità non può essere sinonimo di indifferenza. Essere neutrali non significa non vedere, non parlare, non agire. Significa impegnarsi per il diritto, per l’umanità, per la pace, anche quando è scomodo.

In un’epoca in cui molti Paesi democratici stanno vivendo un’involuzione istituzionale, il nostro modello può essere una risorsa, ma solo se lo teniamo vivo. Il 1° agosto dovrebbe ricordarci che la vera eredità dei nostri fondatori non è solo l’indipendenza, ma la volontà di costruire qualcosa insieme, anche tra realtà linguistiche e culturali diverse.

E allora sì, accendiamo i fuochi. Ma non dimentichiamo che il fuoco delle istituzioni si alimenta con partecipazione, fiducia, responsabilità e anche coraggio morale. In un mondo dove troppo si sfalda, tenere – e far funzionare – uno Stato come il nostro è già una forma di resistenza. Prendere posizione, quando serve, è la forma più alta di fedeltà ai nostri valori.