Premetto che condivido la posizione e la decisione del Consiglio federale di almeno tentare di scendere a patti con l’amministrazione degli Stati Uniti per individuare soluzioni ad hoc alle altalenanti minacce del presidente Trump di alzare a dismisura i dazi sui prodotti esportati dalla Svizzera in particolare e dall’Unione europea in generale. Visti i danni a livello economico che queste arroganti minacce provocano un po’ in tutto il mondo, dubito che, di fatto, tali misure potranno essere messe in atto a lungo termine. Trump, dopo qualche telefonata con parecchi capi di Stato, tutti rigorosamente in ginocchio e con il cappello in mano, aveva già fatto un primo dietrofront e persino allestito una lista di 15 Paesi privilegiati con i quali si potevano prospettare, a breve, delle soluzioni o degli sconti. Non senza mettere il dito nella piaga facendo dell’ironia sull’umiliante atteggiamento di “Paesi che mi chiamano e mi baciano il culo per fare accordi”.
Ancora oggi sono tutti fermi sul chi vive senza grosse possibilità di ribellione. Atteggiamenti di subordinazione che mal si conciliano con i nostri ideali di Svizzera indipendente, autonoma, autosufficiente e neutrale, portatrice di valori di libertà, di uguaglianza e di solidarietà politica, economica e sociale. Ed è proprio qui, non so bene perché, che continua a balenarmi in testa il mito del nostro leggendario eroe nazionale, quel Wilhelm Tell che, di fronte alle vessazioni e ai soprusi dei rappresentanti degli Asburgo, trovò il coraggio di non inchinarsi in segno di sottomissione davanti al cappello, simbolo dell’autorità imperiale, eretto nella piazza di Altdorf dal balivo Hermann Gessler.
Nessuno sa se il buon Guglielmo sia realmente esistito, ma come si può leggere nel Dizionario storico della Svizzera, indipendentemente dalla questione della sua reale esistenza, Guglielmo Tell assurse a eroe della libertà e dell’indipendenza quali principi fondanti non solo della Svizzera, ma anche delle rivoluzioni francesi e americane, “esaltato come campione della lotta per i diritti umani e simbolo universale della battaglia per l’indipendenza”.
Provo pertanto un certo disagio a fronte delle concessioni, forse un po’ affrettate e poco ponderate, che la Svizzera e alcuni Paesi europei, Italia in primis, sembrano pronti a fare per assecondare le mire, pure imperialistiche, del presidente americano. Mi sorprende il silenzio, o forse meglio la rassegnazione, di quella parte della politica nostrana che rifiuta, a priori e a prescindere, ogni accordo, anche solo bilaterale, con l’Unione europea, ivi compresi quelli virtuosi con vantaggi di interesse generale per le cittadine e i cittadini del nostro Paese, ma che allo stesso tempo, sembrano ora pronti a digerire ricatti, soprusi e carognate che mal si conciliano con le ambizioni di libertà e anzitutto di indipendenza.
Il rischio è che Svizzera ed Europa, ma anche Paesi importanti come Canada e Messico, dovranno continuare a subire per molto tempo non solo gli umori, ma anzitutto i ricatti e i soprusi del presidente americano che ha buon gioco grazie alla sua forza economica e militare. Forse potrebbe servire un piano B, una specie di moderno e riveduto piano Wahlen, per preparare il futuro, costi quel che costi, di una Svizzera, e di un’Europa, meno vulnerabile e meno condizionata dalle derive di un’economia di mercato sempre più al servizio dello strapotere della finanza e delle industrie high tech. Un piano Wahlen, evidentemente non più orientato all’estensione delle superfici coltivate al fine di garantire l’autosufficienza alimentare, ma pensato, con puntuali misure, per ridurre la sudditanza economica della Svizzera nell’ottica di guerre commerciali sempre più intense e caratterizzate da un protezionismo di ritorno in contrapposizione al libero scambio.
Mi rendo conto che mi sono azzardato in uno scenario di fantapolitica, ma da uomo di montagna poco incline a subire gli ordini calati dall’alto, voglio idealmente rimanere fedele ai principi e agli insegnamenti del buon Guglielmo Tell, perché non ci si può dimenticare della nostra storia e dell’orgoglio di appartenenza a una comunità libera, autonoma e indipendente.