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L’orrore di Gaza e le responsabilità europee

La scorsa settimana, il governo israeliano ha riconosciuto che i suoi obiettivi di guerra erano la conquista di Gaza in vista della partenza della popolazione palestinese. Ciò rappresenta una svolta fondamentale in questo sanguinoso confronto. La guerra non mira più a liberare gli ostaggi o a distruggere Hamas. Mira a conquistare il territorio di un altro popolo. L’Europa è paralizzata da questo conflitto, che risveglia il suo senso di colpa più profondo, al punto da non riuscire ad avvicinarsi al consenso necessario per agire. A più di un anno di distanza, non possiamo che assistere al disastro. Almeno 50’000 morti, tra cui una percentuale estremamente significativa di civili per un conflitto di questo tipo. Una Città rasa al suolo. Tagli all’accesso all’acqua e al cibo, che oggi si traducono in tutti i segni della carestia. Un capo di governo israeliano ricercato per crimini contro l’umanità. E ora l’obiettivo di appropriarsi di queste terre. Con un popolo invitato ad andarsene – e dove? Di sua spontanea volontà, prima di tutto, a lasciare le rovine, sotto la crescente pressione di sfuggire alla morte o altro. Gli europei devono superare la loro paralisi collettiva e utilizzare i mezzi a loro disposizione per opporsi a questa prospettiva. Anche oggi, questa è una condizione fondamentale per l’adesione all’Unione Europea. Israele e Palestina non conosceranno la pace finché non sarà sciolto il nodo territoriale, e la lenta colonizzazione della Cisgiordania rende impossibile tenere conto delle argomentazioni di sicurezza a Gaza. L’Europa deve sostenere la semplice richiesta che le guerre di conquista sono inaccettabili e che le popolazioni civili devono essere protette. Questo non significa schierarsi dalla parte di Hamas, né tradire o negare le vittime del 7 ottobre. I procedimenti della Corte penale internazionale non dovrebbero portare a sanzioni personali? Con Benjamin Netanyahu che attacca il suo sistema giudiziario per proteggersi dai procedimenti per corruzione, non potremmo sospendere alcuni programmi di aiuti come stiamo facendo con l’Ungheria? Nelle forniture militari europee, possiamo distinguere tra quelle di natura difensiva e quelle puramente letali?

Per uscire da questa inerzia, ci si augura che i Paesi europei non forniscano più armi a Israele e che Francia, Gran Bretagna e Germania si uniscano agli altri Stati europei nel riconoscimento di uno Stato palestinese. Anche se “tutti sanno che l’unica potenza esterna in grado di cambiare in modo decisivo la rotta di Netanyahu sono gli Stati Uniti”.