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Cimiteri, quando si ignorano memoria e sacralità

Sara Beretta Piccoli
(Ti-Press)

Durante l’ultimo Consiglio comunale di Lugano ho chiesto – senza successo – che il nuovo Regolamento cimiteriale fosse rinviato alla Commissione petizioni per ulteriori approfondimenti. In gioco non c’è solo una revisione normativa, ma il modo in cui una comunità custodisce la memoria e onora i propri defunti.

Il nuovo regolamento, nato per armonizzare la gestione post-aggregazioni, solleva criticità che vanno oltre gli aspetti tecnici o tariffari: riguarda la memoria storica, la dignità del lutto e la sacralità dei luoghi di sepoltura. I cimiteri non sono solo spazi funzionali: sono custodi di legami tra vivi e morti, scrigni di identità e spiritualità. Ogni lapide racconta una storia, ogni nome inciso è parte di una memoria collettiva.

Le nuove norme rischiano di cancellare tutto questo. In zone come la Val Colla, lo spopolamento e la mancanza di eredi porteranno a uno svuotamento progressivo dei cimiteri: concessioni scadute chiuse d’ufficio, lapidi rimosse, spazi lasciati vuoti. A sparire non saranno solo i resti, ma la presenza simbolica e spirituale dei defunti nella vita comunitaria.

Questo non è solo un tema amministrativo: è una forma di desertificazione culturale. Il cimitero è luogo di raccoglimento, non un’area da razionalizzare. Preoccupa anche la burocrazia di alcune disposizioni, come l’obbligo di posare targa e cordoli entro 15 giorni dal funerale: una scadenza che ignora il tempo del dolore e rischia di pesare su famiglie già provate.

Anche il divieto assoluto ai familiari di accedere ai locali dove avviene la vestizione delle salme solleva interrogativi. Per molti, il saluto finale – anche solo con una presenza silenziosa – è parte del rito. Escluderlo significa rompere un legame affettivo e spirituale.

Infine, preoccupano gli aumenti tariffari per tombe, famedi ed esumazioni, proposti senza uno studio d’impatto economico. Senza analisi trasparente, questi rincari rischiano di gravare sulle famiglie più fragili, trasformando il diritto al congedo in un costo insostenibile.

Non si tratta di rifiutare il cambiamento, ma di ricordare che ci sono ambiti – come la gestione della morte – dove l’efficienza amministrativa deve lasciare spazio alla pietà, alla memoria e al senso del sacro. I cimiteri sono parte del tessuto storico e spirituale delle nostre comunità. Difenderli con regole, ma anche con sensibilità e intelligenza culturale, significa riconoscere che la memoria è un bene comune. Anche nei servizi più delicati serve uno sguardo lungo, rispettoso e profondamente umano.