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Sistemi elettorali, politica e governi

(Ti-Press)

Comincia a prendere quota il dibattito sul sistema elettorale. Un segnale poco incoraggiante, perché sposta l’attenzione dalla sostanza – il peggioramento delle condizioni di vita nel Cantone – alla forma. Negli ultimi decenni, infatti, la qualità della vita è peggiorata per la maggioranza della popolazione, qualunque sia il criterio adottato (classe, genere ecc.), tranne che per quella minoranza che dispone di redditi e patrimoni elevati. Il centro del dibattito politico dovrebbe essere la risposta a questa crisi sociale, economica e culturale. Non siamo un’eccezione: anche altri Cantoni e il mondo capitalistico nel suo insieme subiscono le conseguenze di un sistema basato sulla concorrenza tra capitali e sulla predazione della ricchezza e della natura. In questo contesto, l’unica prospettiva realistica non è la “riforma” del sistema – ma quando mai i “riformisti” hanno “riformato” il sistema! – ma una strategia anticapitalista chiara e attiva. Una strategia che, a partire dai problemi concreti di chi vive del proprio lavoro, indichi la necessità di un ordine radicalmente diverso dal capitalismo reale – ma anche da quei Paesi che, pur definendosi socialisti o comunisti, ne rappresentano varianti ancora più brutali. È quanto abbiamo proposto nel nostro recente documento ‘Costruire un fronte unitario di opposizione sociale e politica’.

Nel dibattito che emerge a sinistra, il problema non è tanto se partecipare o meno agli organismi che il proporzionale ci consente di raggiungere, ma quale politica vi si porti e con quale chiarezza venga affermata. Se si parte dall’idea che in quelle sedi bisogna “trattare” perché minoritari, allora tanto varrebbe non occupare nemmeno i seggi in Gran Consiglio, dove i rapporti di forza sono forse ancor meno favorevoli. Detto questo, non sottovalutiamo la presenza istituzionale: a differenza di altri movimenti “extraparlamentari”, non ci siamo mai chiamati fuori. Se si vuole discutere di sistema elettorale, ribadiamo la nostra difesa del sistema proporzionale – il più diretto e integrale possibile. Per quanto imperfetto (si pensi all’esclusione degli stranieri nati e cresciuti qui o ad altri limiti), è preferibile a ogni sistema maggioritario, che ovunque ha prodotto governi concertativi e immobilismo.

La nostra analisi del sistema maggioritario coincide con quella espressa di recente su questo giornale da Christian Vitta, in un articolo nel quale, come sempre, la sua saggezza nasconde una scaltrezza politica non secondaria. Vitta ci spiega che, certamente, si può essere favorevoli a un sistema maggioritario – e sembra che lui lo sia – a condizione che produca anche l’elezione di un Parlamento “in sintonia” con la maggioranza di governo, e che questo governo agisca, comunque e qualsiasi sia la sua maggioranza, nel quadro della “collegialità”, cioè di quella che noi chiamiamo, con nome antico ma ci pare tuttora pregnante, la collaborazione di classe. È questo il maggioritario che potrebbe avere un senso, ci dice Vitta, dal punto di vista delle classi dominanti, capace di “sbloccare” l’attuale situazione e avviare una nuova stagione politica all’insegna dei precetti neoliberali. Sorvoliamo sull’illusione che il maggioritario porti stabilità o soluzioni durature: Francia, Gran Bretagna e Italia dimostrano che l’ingegneria elettorale non risolve crisi di natura sociale, economica e politica.

Infine, va ricordato che il maggioritario – soprattutto nella sua “versione svizzera” – tende a premiare le “persone”, come se fossero avulse da idee e interessi. In realtà, i candidati percepiti come “competenti” spesso hanno posizioni politiche ben precise e riconoscibili. In questo contesto l’elettorato, non più “prigioniero” dei partiti, diventa facilmente influenzabile da media, social network e attori con ampie risorse finanziarie. Insomma, da una prigione all’altra. A conferma di questo abbiamo visto, anche in Ticino, come figure tutto sommato lontane dall’impegno politico continuo possano costruirsi rapidamente un profilo pubblico e vincente se sostenute da media e consorterie trasversali.

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