Il video dell’uomo e della donna abbracciati, ripresi dalla kiss cam al concerto dei Coldplay, è diventato una mattanza mediatica che ha solleticato un certo voyeurismo, riconducibile all’effetto rubbernecking: l’atteggiamento di chi filma e curiosa in presenza di disgrazie o scandali. La diffusione del video è una palese violazione della privacy, soprattutto se gli interessati non hanno dato il consenso alla sua diffusione. Di recente si è scatenato un altro bubbone dovuto alla diffusione, senza consenso, di messaggi vocali privati inviati dall’attore Raoul Bova a una donna. Sul caso si sta infatti indagando per violazione della privacy e tentata estorsione.
Nel caso dei due beccati in effusioni, che non decretano ancora un vero tradimento, il filmato doveva restare confinato all’evento, poiché la loro presunta tresca non è di interesse pubblico.
La Schadenfreude, che consiste nel provare piacere nell’assistere alle disgrazie altrui, ha colpito ancora. La kiss cam, tecnica diffusa negli Stati Uniti, riprende spettatori ai concerti o partite proiettandoli sui maxischermi. Solitamente vengono diramati avvisi che informano gli spettatori della possibilità di essere ripresi.
In Svizzera esiste la Legge federale sulla protezione dei dati (Lpd), che regola i dati personali e disciplina la presenza di videocamere nei luoghi pubblici. La Lpd garantisce la tutela della vita privata, conferendo diritti ai cittadini e responsabilità alle organizzazioni.
Nel caso dei presunti fedifraghi ci sono state reazioni moralistiche. Perché l’infedeltà scatena pesanti giudizi, processi sommari che lapidano senza ritegno, frammisti al piacere di intrufolarsi nella vita intima altrui, credendo di esserne autorizzati. Ma la violazione della privacy non prevede, per legge, criteri morali: contempla solo il diritto alla tutela della vita privata. Con l’avvento dei cellulari si sono intraviste le ripercussioni sul diritto alla privacy. Il vuoto legislativo permane, soprattutto sui social, dove vale il galateo digitale, detto Netiquette. Sono codici di comportamento senza valore legale, che hanno trasformato il web in un farweb. Se nella carta stampata esiste l’obbligo di rettifica, nel mondo digitale, dove le notizie si diffondono senza controllo, non esiste un obbligo equiparabile. È difficile denunciare contenuti lesivi della privacy. Anche se si può fare ricorso al Codice penale svizzero in materia di diffamazione e calunnia, la rimozione di un contenuto dannoso non evita effetti dannosi all’immagine o alla sicurezza della persona coinvolta. In mancanza di leggi specifiche per i nuovi media, la rete è una terra di nessuno, dove si rimane impuniti e la responsabilità individuale svanisce dietro lo schermo. Eppure, un post infondato o un video manipolato possono provocare effetti ben più gravi di un trafiletto su un quotidiano. Internet corre e la legge annaspa? In un’epoca in cui la reputazione si gioca anche online, il diritto alla verità e alla difesa dell’immagine non può essere lasciato all’arbitrio di un algoritmo, ai possessori delle piattaforme, e all’acredine dei frustrati. Tornando al caso della coppia abbracciata, il doxing, la pratica di diffondere online informazioni private, ha fatto da detonatore: con insulti di utenti perniciosi, dei giustizieri implacabili che hanno colpito la moglie di lui, i figli, e le loro famiglie, tra fake news e menzogne virali.