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Due pesi, una condanna

Da mesi assistiamo a un’ondata globale di accuse violentissime contro Israele. Si parla di “genocidio”, di “nazismo ebraico”, si invoca la Corte penale internazionale, si grida allo scandalo nei salotti, nei cortei e perfino nei parlamenti. Si accusano persone, democraticamente elette, di crimini di guerra, si invocano sanzioni e boicottaggi. Eppure, quando le stesse, o peggiori, tragedie accadono altrove, il silenzio è assordante. Dove sono le stesse voci quando la Russia bombarda ospedali pediatrici in Ucraina e deporta bambini? Quando l’Iran impicca oppositori, donne e omosessuali in piazza? Quando la Siria cancella intere città con armi chimiche? O quando la Turchia bombarda i curdi o la Cina perseguita milioni di uiguri in veri e propri campi di rieducazione? Nessuno parla di “genocidio”. Nessuno paragona Assad o Khamenei a Hitler. Nessuno propone sanzioni totali o boicottaggi accademici. Nessuno. C’è solo una nazione che, se osa difendersi da un pogrom terroristico senza precedenti, viene immediatamente trasformata nel nuovo mostro dell’umanità: Israele. E questo non è più semplice “indignazione umanitaria”. Questo è doppio standard sistematico e ogni doppio standard applicato agli ebrei ha un solo nome: antisemitismo. Israele viene accusato con un linguaggio mai usato per nessun altro Stato. È l’unica democrazia del Medio Oriente, con stampa libera, opposizione parlamentare, giustizia indipendente e un esercito che, unico al mondo, avverte i civili prima di colpire obiettivi militari. Ma ciò non basta. Israele è chiamato a una purezza morale, che non si richiede a nessun altro. È giudicato non per quello che fa, ma per quello che rappresenta. Chi piange solo i morti palestinesi e ignora i bambini israeliani bruciati vivi il 7 ottobre; chi invoca il “diritto alla resistenza” per giustificare stupri, mutilazioni, decapitazioni; chi parla di “colonialismo”, ma tace sulle espulsioni di un milione di ebrei dai Paesi arabi; chi difende il diritto internazionale, ma lo applica solo contro Israele, non difende la giustizia: nutre il pregiudizio. La verità è che per molti il problema non è ciò che Israele fa, ma ciò che Israele è: uno Stato ebraico che osa difendersi. E questo è insopportabile per chi si è abituato a vedere gli ebrei solo come vittime silenziose. Ancora più grave è l’ipocrisia di certi governi e politici occidentali che, per calcolo elettorale o codardia morale, applicano due pesi e due misure. Tacciono sui crimini dei loro partner economici, ma si indignano solo quando Israele si difende. Si dicono contro il terrorismo, ma evitano di nominare Hamas. Denunciano le guerre, ma solo se le combatte Israele. La vera domanda non è perché Israele venga criticato. È giusto criticarlo, come ogni Paese democratico. La vera domanda è: perché solo Israele viene criminalizzato, demonizzato, delegittimato? Quando un conflitto viene trattato come unico al mondo, quando si giudica un popolo secondo criteri diversi dagli altri, quando si invoca la Shoah, solo per usarla contro chi ne porta ancora le cicatrici, allora, sì, siamo davanti a un antisemitismo che cambia forma, ma non sostanza. E questa volta l’Europa non potrà dire di non aver capito. Perché tutto sta accadendo di nuovo, sotto i nostri occhi.