Il 30 luglio 2025, la sala del Palazzo delle Nazioni di Ginevra ha ospitato un episodio destinato forse a segnare un punto di svolta nella diplomazia internazionale. Valentina Matviyenko, presidente del Consiglio della Federazione russa e una delle figure più potenti del Cremlino, ha preso la parola alla Conferenza mondiale dei presidenti dei Parlamenti sotto l’egida dell’Unione Interparlamentare (Uip). Al suo fianco, una delegazione di altre nove personalità di spicco della politica russa, molte delle quali oggetto di sanzioni internazionali per il loro coinvolgimento nella guerra in Ucraina.
La presenza fisica a Ginevra di questa delegazione, resa possibile da deroghe straordinarie al divieto di sorvolo aereo Ue concesse da Italia e Francia su richiesta formale della Svizzera, ha un valore che va ben oltre la mera cronaca diplomatica. Senza tale deroga, si sarebbe optato per una videoconferenza, opzione meno rappresentativa per un forum multilaterale che della presenza, della parola diretta e del confronto costruttivo fa il suo fondamento.
L’Uip rappresenta dal 1889 la principale piattaforma mondiale del dialogo parlamentare, con sede a Ginevra dal 1921 e uno statuto internazionale autonomo che garantisce ampio margine d’azione anche in tempi di crisi. E proprio in questa cornice si è consumato il “caso Matviyenko”, che sottolinea la duplice natura della neutralità elvetica: da un lato, offrire uno spazio realmente aperto al confronto tra tutte le parti, anche quelle sanzionate dall’Occidente; dall’altro, esporsi al rischio di essere percepita come ambigua o indulgente da parte di chi sostiene un netto isolamento della Russia.
Non a caso, la decisione della Confederazione di concedere permessi temporanei alla delegazione russa ha suscitato reazioni critiche tra certi partner europei e acceso il dibattito anche sui media svizzeri. Tuttavia, la Svizzera ha rivendicato la propria tradizione di “buoni uffici” e il ruolo di custode di quella fragile infrastruttura della pace che Ginevra rappresenta da oltre un secolo, dalle storiche Convenzioni sul diritto di guerra all’attuale sede di organismi internazionali e negoziati cruciali.
Dal 2022, era la prima volta che una delegazione russa di così alto profilo varcava i confini dell’Occidente per un vertice internazionale: prima d’ora, i contatti diretti si erano svolti solo fuori Europa, in contesti neutri come Doha, Istanbul o Riad. La svolta di Ginevra infrange la prassi delle restrizioni rigorose, segnando una cesura e aprendo una stagione inedita di sfide per la neutralità svizzera.
Per la Confederazione, che aveva conosciuto negli ultimi anni alcune difficoltà organizzative – le polemiche attorno agli incontri di Lugano e Bürgenstock sono ancora vive nella memoria – la gestione del caso Matviyenko rappresenta anche un recupero di autorevolezza istituzionale. Grazie a un coordinamento multilivello fra governo federale e autorità diplomatiche, anche internazionali, la Svizzera sembra aver ritrovato quell’equilibrio che le consente di muoversi con efficacia tra esigenze multilaterali, vincoli legali e coerenza politica.
Resta però aperta una sfida cruciale: conciliare trasparenza, indipendenza e rispetto dei principi internazionali con l’esigenza di non essere strumentalizzata nello scenario di confronto globale. Anche perché le sanzioni adottate dall’Ue e riprese dalla Svizzera contro individui e società russi rimangono strumenti di natura politica, non giudiziaria: non impediscono, in casi eccezionali e per interesse pubblico internazionale, la concessione di autorizzazioni temporanee volte a garantire che i canali minimi del dialogo istituzionale non siano interrotti – la vera forza della diplomazia in tempi di guerra.
Il “caso Matviyenko” a Ginevra, dunque, è molto più di un semplice, primo, episodio di protocollo. È la cartina di tornasole della fatica, delle opportunità e dei rischi che la Svizzera neutrale affronta nell’era della nuova polarizzazione globale, politica, militare ed economica. Un laboratorio in cui la pace resta possibile solo se fondata su regole chiare, trasparenza e la volontà, ostinata, di tenere aperte le porte del confronto. Anche quando il vento della storia sembra soffiare contro.