laR+ I dibattiti

Più che doppi standard, serve onestà intellettuale

(Ti-Press)

Abbiamo letto con interesse – e perplessità – l’editoriale del 4 agosto di Daniel Ritzer, dove veniamo citati per aver espresso, nel 2024, valutazioni inizialmente positive sul ritorno di Trump alla Casa Bianca. Secondo Ritzer, il nostro sarebbe un caso da manuale di “doppio standard sovranista”. La realtà è un po’ più complessa di come viene dipinta, ma si sa: la caricatura è sempre più comoda dell’argomentazione.

Sgombriamo subito il campo: sì, quelle aspettative sono state in gran parte disattese. E lo ammettiamo pubblicamente, senza fraintendimenti. È proprio questa la differenza tra chi si assume delle responsabilità politiche e chi si limita al ruolo – certamente più agioso – di editorialista del giorno dopo. Le modalità narcisiste e arroganti con cui Trump ha preso alcune decisioni – da ultimo i dazi contro la Svizzera – hanno sorpreso e scontentato anche chi, come noi, si aspettava un’apertura verso il nostro Paese, soprattutto alla luce del trattamento coi guanti riservato alla Gran Bretagna.

Ciò detto, confondere un accordo di sottomissione negoziato con l’Unione europea, che imporrebbe alla Svizzera giudici stranieri, diritto europeo e contributi miliardari, con una misura doganale protezionistica mercantilistica unilaterale imposta dagli Usa, è scorretto sul piano logico prima ancora che politico. A meno che non si voglia banalizzare tutto in nome della polemica a effetto. Noi rifiutiamo tanto il servilismo europeo quanto la sudditanza americana. Ma è evidente che un trattato epocale firmato consapevolmente da Berna con l’Ue ha un peso e un impatto ben diverso rispetto a un’imposizione da parte di Washington, imposizione che potrebbe peraltro rivelarsi temporanea.

Che poi l’Udc, di fronte a questo attacco economico, proponga soluzioni concrete come la riduzione dell’onere fiscale e burocratico per le aziende, è perfettamente coerente con la nostra linea. Non invochiamo salvifici interventi dall’estero che non arriveranno mai. Al contrario: pretendiamo che la Svizzera si doti di strumenti di resilienza per contrastare gli urti degli effetti geopolitici.

Fa sorridere, infine, il tentativo di Ritzer di dipingerci come distanti dal mondo del lavoro e dell’impresa. Nessun partito è composto da piccoli e medi imprenditori, anche nei consessi politici, quanto l’Udc. Non per nulla siamo il partito che da anni si batte contro il dumping salariale, per la difesa del potere d’acquisto dei cittadini, per l’autonomia energetica, per un’economia svizzera solida e libera da dipendenze strategiche. Non siamo noi quelli che credono che la risposta a ogni crisi sia più regolamentazione e più Stato.

In politica, come nella vita, a contare non sono le frasi fuori contesto, ma la capacità di difendere gli interessi della propria popolazione, dentro e fuori il Paese. Su questo, caro direttore, ci troverà sempre presenti. Con coerenza e senza posizioni dogmatiche preconcette.