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Due piazze, due visioni contrapposte alla Festa nazionale

Mauro Stanga, segretario dell’associazione Mendrisiotto Regione Aperta, co-organizzatrice del 1° Agosto senza frontiere, parla di Chiasso e Lugano

La manifestazione andata in scena a Lugano
(Ti-Press)
12 agosto 2025
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Quest’anno, la ricorrenza del Primo di agosto, ci ha offerto la rappresentazione precisa di due modelli che dovrebbero spingerci a ragionare sul futuro (della Svizzera, ma non solo). Al centro di queste rappresentazioni, due piazze, molto diverse tra loro. La prima è Piazza Indipendenza, a Chiasso, dove da oltre 10 anni si tiene con grande partecipazione il “1° Agosto senza frontiere”. Qui, al momento dei discorsi, si è presentato per primo Hector, attualmente ospite del Centro Federale d’Asilo di Pasture, in arrivo dal Messico.

Parla con il cuore, della “libertà di un popolo”, nata “non dalle armi, ma da un patto di aiuto reciproco tra regioni che hanno scelto la pace, la neutralità e l’unità nella diversità”. Parla della “scelta umana” di “costruire una comunità rispettando le differenze e camminando insieme verso un futuro condiviso”. Arrivato dal Messico, con una pratica di asilo in corso che sembra purtroppo offrire pochi sbocchi, Hector ricorda i valori fondanti del Paese che attualmente lo ospita: “Oggi più che mai il mondo ha bisogno di esempi concreti di convivenza. E la Svizzera può continuare a esserlo se non dimentica che la sua forza nasce dalla diversità, dalla neutralità attiva, e da una popolazione che lavora, protegge la terra e si prende cura del bene comune. Io non sono nato qui ma desidero far parte di questo progetto. Non voglio solo chiedere, voglio offrire”.

Nello stesso tempo, in un’altra piazza, andava in scena uno spettacolo profondamente diverso. In Piazza della Riforma a Lugano, calavano i ragazzotti viziati di Junge Tat. Un’oscena parata di soli maschi impettiti, esattamente come quella rappresentata da Giacomo Balla – con patetici intenti celebrativi – nel quadro “Marcia su Roma”, guarda un po’… Marciano pure loro, i ragazzotti convenuti a Lugano, con cadenza marziale, mentre emettono suoni gutturali, latrati metallici che invocano alla “remigrazione” di persone preziose come Hector.

Eccoli dunque rappresentati plasticamente, i due modelli. Uno rivolto verso un futuro di speranza, da costruire con i valori che hanno fatto della Svizzera un esempio virtuoso; l’altro che guarda verso un passato buio, che grazie al cielo alla Svizzera non è mai nemmeno davvero appartenuto. Hector, da solo, con la forza del suo pensiero, si libra ben al di sopra delle teste vuote dei soldatini di Junge Tat, che tentano di coprire urlando la loro crassa e virile ignoranza. A lui ci sentiamo di dedicare il canto “This land is your land”, che incarna valori che anche negli Stati Uniti andrebbero con urgenza ritrovati. Un messaggio sibillino per la tremenda teppaglia convenuta a Lugano si trovava invece scritto a chiare lettere sulla chitarra del compositore di questo inno eterno, Woody Guthrie. Ma è altamente probabile che i ragazzotti non sappiano leggere. Peccato.