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Non soltanto il velo

Si torna a parlare del velo islamico a scuola. Se ne parla in Europa dal 1989, da quando tre allieve musulmane di una scuola della periferia parigina si presentarono in classe indossando l’hijab. Ne nacque in Francia una discussione pubblica molto animata a cui pose fine nel 2004 l’adozione di una legge che proibisce di indossare simboli o abiti con cui gli studenti manifestano “ostensibilmente” la propria appartenenza religiosa. In Svizzera per allieve e allievi il problema non si pone. Tale proibizione contraddice infatti il principio costituzionale della libertà di coscienza e di credenza: così ha stabilito il Tribunale federale in una sentenza del 2015 sul caso di un’allieva musulmana di una scuola sangallese. La questione si ripropone oggi in una scuola di quel cantone; stavolta però riguarda un’insegnante che, dopo essere stata prescelta dall’autorità scolastica comunale, ha preferito rinunciare all’incarico dopo le proteste di alcuni genitori. A giustificazione della loro opposizione le famiglie hanno invocato il principio di neutralità della scuola pubblica. È quanto ha sostenuto anche un rappresentante dell’autorevole Associazione svizzera degli insegnanti (Lch) che ha sottolineato l’obbligo di “un’attitudine neutrale” cui è tenuto l’insegnante nell’esercizio della sua professione.

La questione non riguarda soltanto l’hijab, ma interessa l’interpretazione del principio di neutralità dello Stato e delle sue istituzioni. In generale il principio di neutralità si fonda sull’eguale rispetto che è dovuto a ogni cittadino; esso richiede che lo Stato non faccia nulla che sia destinato a favorire o promuovere una particolare dottrina comprensiva (religiosa o secolare). Tale vincolo si applica anche all’abbigliamento dell’insegnante della scuola di Stato, qualora manifesti ostensibilmente il proprio credo durante l’esercizio della sua funzione pubblica. Per l’insegnante sussiste infatti un dovere di discrezione rispetto alle convinzioni personali, un obbligo che oltre a porre dei vincoli al proprio abbigliamento limita anche la sua libertà d’insegnamento.

Questo è il significato rilevante del principio di neutralità della scuola pubblica. Le leggi scolastiche di alcuni Cantoni lo dichiarano esplicitamente; per esempio la legge scolastica di Neuchâtel stabilisce che l’insegnante “rispetta la neutralità dell’insegnamento dal punto di vista politico e religioso, astenendosi da qualsiasi attitudine di parte”. Il vincolo è enunciato anche nella Legge della scuola del Ticino con riferimento all’insegnamento di storia delle religioni e all’educazione civica; per analogia, però, si applica anche alle scienze umane e più in generale all’attitudine di ogni docente. Se poi si volesse precisare che cosa comporti effettivamente il principio, si potrà cominciare dai criteri enunciati dalla Corte europea dei diritti umani in una sentenza fondamentale sul tema: l’insegnamento dovrà essere “oggettivo, critico e pluralistico”.

Insomma, qui non è in discussione soltanto il velo. Se invece qualcuno volesse usare il principio di neutralità della scuola pubblica unicamente per proibire a un’insegnante musulmana di indossare l’hijab, il significato di un principio liberale che si fonda sull’eguale rispetto di ogni cittadino risulterebbe completamente stravolto: sarebbe un atto discriminatorio.