laR+ I dibattiti

Festival o Moon&Plastic?

“Che bel Festival, grazie Giona”: giudizi come se ne vedono di rado, per questa 78esima edizione. Mi associo, però non riesco a togliermi un pensiero. Guardo la struttura sgraziata che ha soppiantato quella ariosa ed elegante dello spazio Forum (dove il pubblico incontra i registi e attori) e mi viene da pensare che il Festival stia perdendo colpi. Perderemo anche il Festival? Lo schermo che ne era un simbolo non c’è già più. La Piazza Grande come Vacchini l’aveva presentata (la si può vedere nelle tante cartoline distribuite dal gruppo Don’t touch the screen!) era uno spazio arredato con gusto. Ora è al limite dell’invivibile: sedie accostate talmente vicine da far temere il disastro nel caso di un’evacuazione in urgenza.

Mentre stavamo seduti alla bell’e meglio cercando di leggere, fra migliaia di teste, i sottotitoli dei film (finalmente anche in italiano, grazie!) il drone che sorvolava la piazza ci mostrava decine e decine di posti vuoti nei settori migliori. Gli sponsor, certo. Il prezzo del successo e la nostalgia dei tempi andati, mi si dirà. Eppure. C’è una sorta di svilimento, la sensazione che il Festival abbia cessato di essere la più importante manifestazione della città.

Il nuovo che avanza si chiama Moon&Stars. E avanza la plastica. La plastica, di cui noi svizzeri pare siamo uno dei maggiori consumatori al mondo, avvolge e stravolge la struttura dello schermo e la base della cabina di proiezione. Ancora plastica, stavolta viola su palizzate e transenne, a definire in modo netto gli spazi che richiede Moon and Stars: dai giardini alla Piazza per intere settimane è un continuo viavai di mezzi e macchine per costruire strutture sempre più massicce e invasive. Poche voci ufficiali si sono alzate in difesa dello schermo di Vacchini, che figura sulle nostre banconote di 20 franchi. Tutt’altra musica in risposta al ricorso di un ristoratore a cui è stata sottratta la terrazza sulla piazza per far posto alle strutture e alle direttive stringenti di Moon&Stars. Che si porta dietro i suoi efficientissimi operatori e perfino i food truck dove se chiedi un panino senza pomodoro ti rispondono “was?”.

C’è stata molta mobilitazione per parare le ricadute di un mancato rinnovo del contratto per le serate musicali, mentre le difficoltà aumentano per un festival che soffre sempre di più la concorrenza della Mostra del cinema di Venezia e delle nuove forme di distribuzione digitali dell’audiovisivo. Locarno interessa sempre meno ai nuovi produttori anche se le star vengono qui volentieri. Cerimonie come il tappeto rosso paiono ormai imprescindibili, eppure Locarno ne ha fatto a meno per anni senza troppo soffrirne. Certo, non era l’epoca dei social. Ma Locarno interessa ancora ai locarnesi, agli svizzeri che affollano le sale e che amano un cinema che non si vede altrove. La Piazza è davvero il mondo in casa, un viaggio nello spazio e nel tempo che continua nelle sale.

Difendere il Festival, la sua identità il suo valore con la stessa convinzione con cui il direttore Giona Nazzaro ha difeso e accolto il diritto della Piazza di manifestare in silenzio contro il genocidio a Gaza. Un festival con un cuore, non solo un conto perdite e profitti. E soprattutto un festival che possa avere uno spazio vitale senza dover soffrire la pressione di altre manifestazioni che usano il territorio come mero spazio commerciale. Grazie Festival.