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Costa troppo? No, costa già

Il 28 settembre saremo chiamati a esprimerci su un’iniziativa che tocca un nervo scoperto della nostra società: il carico ormai insopportabile dei premi dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie.

Sarà l’occasione per contrastare le disuguaglianze economiche che si sono aggravate fortemente nel corso degli ultimi anni, a causa sia della stagnazione di salari e pensioni sia dell’aumento dei premi e di altre spese obbligatorie. Questa tendenza confligge con i principi costituzionali di un Paese che ambisce a definirsi democratico e solidale. L’attuale sistema dei premi, uguali per tutti a prescindere dal reddito, aggrava queste ingiustizie. L’iniziativa per il 10% vuole porre un argine a questa pericolosa deriva, riaffermando un principio cardine di qualsiasi società: la solidarietà.

Consideriamo l’esempio di una coppia di pensionati, dopo una vita di lavoro, con un reddito disponibile di 80’000 franchi. Con il sistema attuale versano quasi 15’000 franchi all’anno per l’assicurazione malattia obbligatoria. Il 18% del loro reddito è dunque speso solo per garantirsi le cure in caso di bisogno. Se consideriamo invece una famiglia composta da un carrozziere e una commessa, con 65’000 franchi a disposizione deve spendere il 21% del proprio reddito in premi. Questi non sono casi isolati. Sono la fotografia di un Ticino sofferente: secondo stime ufficiali, il 61% degli assicurati in questo cantone paga più del 10% del proprio reddito in premi della cassa malati.

È vero che le attuali riduzioni di questi premi correggono parzialmente questa iniquità, ma il nostro sistema – unico in Europa per il suo approccio con “premi pro capite” – rimane profondamente distorto. L’iniziativa per il 10% è un atto politico che introduce un principio di giustizia elementare, estendendo ulteriormente la platea di persone e famiglie che beneficiano di una riduzione dei premi. Il principio è: “Chi ha più soldi, contribuisce un po’ di più”.

I 300 milioni di franchi di cui parlano i detrattori dell’iniziativa non sono una nuova tassa che si aggiunge a quelle che già si versano. Sono i soldi che le economie domestiche stanno già pagando oggi, oltre la soglia del 10% del loro reddito disponibile. Accettando l’iniziativa si ridurrà il carico dei premi sui bilanci delle famiglie a reddito medio e basso, spostandolo su quelli dei contribuenti con maggiore capacità finanziaria. Si tratta di una misura redistributiva che rispecchia lo spirito di una società che si vuole più giusta.

Le proposte per finanziare l’iniziativa – attraverso la revisione delle stime immobiliari, l’aumento dell’aliquota sulla sostanza e del moltiplicatore cantonale – sono sostenibili e solidali. Incidono sulle persone che hanno un patrimonio elevato, non sul risparmio delle persone del ceto medio. Ciò è legittimo e sostenibile, a fronte del peggioramento del tenore di vita di una parte crescente della popolazione. Ben diversamente, l’alternativa proposta dall’iniziativa avversaria – ossia la deduzione fiscale dei premi – porta a un alleggerimento fiscale irrisorio per la maggior parte degli assicurati, ma a un vantaggio significativo per i contribuenti più abbienti. Una riprova che non si fa socialità con la fiscalità, come purtroppo da tempo si insiste a fare, tanto è vero che il Cantone Ticino ha il maggior numero di deduzioni fiscali in Svizzera. Semmai la fiscalità deve essere al servizio della socialità, rendendo quest’ultima finanziariamente sostenibile.

L’iniziativa per il 10% non è la soluzione definitiva, ma è un tassello cruciale di una strategia più ampia. Aumenta la pressione sulla politica per affrontare alla radice gli sprechi e i costi eccessivi del sistema sanitario. In un periodo di rincari generalizzati e crescenti disuguaglianze economiche, essa aumenta il potere d’acquisto del ceto medio, ossia delle famiglie e dei pensionati che fanno fatica a vivere con il loro reddito. Si tratta di una misura necessaria per sostenere e rilanciare l’economia locale, a maggior ragione in un contesto internazionale penalizzante, che oltretutto contribuirebbe ad aumentare le risorse fiscali, rendendo perciò ancora più sostenibile finanziariamente l’iniziativa per il 10%.

Dobbiamo chiederci: che società vogliamo? Accettare che la maggioranza dei ticinesi sacrifichi una percentuale elevata del proprio reddito solo per il diritto alla salute, significa accettare un modello sociale sempre più ingiusto e impoverito, che danneggia l’economia privata e le finanze pubbliche.