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Di religione e di secolarizzazione

La parola “religione” la conoscono tutti, mentre la “secolarizzazione”, per chi non lo sapesse, è quell’atteggiamento dell’individuo che vorrebbe vivere facendo astrazione della pratica religiosa, un profano, non ostile a essa, più agnostico che ateo. La riflessione che segue non ha nessuna pretesa filosofica o scientifica, ci vorrebbe ben altra preparazione dottrinale, ma è solo un minimo tentativo di porsi qualche domanda sulla situazione odierna in questo campo. Ancora recentemente alcune istanze religiose hanno rilevato con preoccupazione la continua diminuzione dei cattolici praticanti in generale. Una risposta univoca a questo quesito non è semplice. Proverò in modo semplice e piano a dare qualche spiegazione, ripercorrendo in proprio la mia esperienza, da quando cominciai ad avere l’uso della ragione. In principio l’uomo credeva e adorava gli dei pagani, il cosiddetto politeismo, seguito dal monoteismo, l’affermazione e l’adorazione di un solo dio, principio alla base del cristianesimo, da cui deriva la confessione cattolica-romana. Detto ciò, passo a dire come veniva vissuta la religione quando io ero ragazzo. In famiglia non se ne discuteva, si praticava e basta. Si andava a messa la domenica, magari anche a vespro; sì, perché a scuola, alle Elementari, nell’ora di religione il curato ne chiedeva conto, e noi scolari giù a rispondere: messa e vespro, sennò bisognava giustificarsi. Quindi si viveva nel culto della religione, giovani, adulti e anziani, specie nei villaggi. A dimostrazione di ciò basterebbe ricordare come le strade dei monti fossero disseminate di cappelle, inneggianti a Dio, alla Madonna e ai santi. Non era ostentazione di religiosità bensì rispetto e timor di Dio. Intimamente ognuno sentiva un bisogno interiore di credere in qualcosa di superiore, di soprannaturale, di misterioso. L’Unione Sovietica, per esempio, all’inizio del Novecento, tentò di sostituire l’ortodossia russa col comunismo, tentativo fallito alla lunga miseramente. Se ne può quindi dedurre che l’essere umano ha bisogno di trascendenza. Il Sessantotto fu un movimento di contestazione giovanile, col quale caddero molti freni inibitori sessuali e affettivi, con strascichi negativi anche sul piano religioso; c’è stata la globalizzazione, favorita dai nuovi mezzi di trasporto, l’irruzione travolgente dei mass media, con l’inarrestabile diffusione di qualsivoglia informazione, specie attraverso il telefonino, irrinunciabile nuovo mezzo di comunicazione. Questi pochi dati di fatto per dire quanto il nuovo contesto sociale nel quale viviamo oggi sia cambiato radicalmente. Specie le nuove generazioni vivono nell’illusione di possedere ogni cosa, e quindi molti di loro non sentono il bisogno di credere in qualcosa di superiore, di credere in Dio. Semmai hanno la presunzione di poter creare il proprio dio, a uso proprio, secolare, appunto.