... del crinale appenninico Tosco-emiliano, e più precisamente di quella parte chiamata Casentino, dal 1993 parco nazionale, i cui versanti sono la valle dell’Arno e la Romagna. Un lupo a due zampe e quasi due metri d’altezza. In paese lo chiamavano così perché si faceva vedere sempre assieme a una cucciola di pastore tedesco presa da non si sa chi né dove che gli sopravvisse per diversi anni. Non è che il nomignolo gli piacesse molto, preferiva “fischio”, quello dei tempi passati in montagna al tempo del passaggio dei tedeschi, ma finita la guerra quasi tutti, anche nel suo partito, l’avevano archiviato. È stato lassù che ha imparato a convivere con il predatore e ad apprezzarne le doti; due gambe in più, olfatto telescopico e una straordinaria resilienza. Lui attacca e mangia quando serve, noi diverse volte al giorno anche quando non sarebbe necessario. Se non è più utile al branco si allontana, noi mettiamo radici lunghe chilometri per vivere almeno fino a 100 anni. Non ha la parola e (dicono) l’intelligenza, ma confrontato a molti bipedi di ogni tempo non fa certo brutta figura. Quella volta che il nonno si appisolò mentre era di guardia alla pattuglia e fu ridestato da un calpestio nelle vicinanze, se lo trovò sotto il naso che l’annusava per poi allontanarsi con calma. Il rumore era dei tedeschi e l’animale se li portò dietro scongiurando un conflitto a fuoco e probabili vittime. Vivo per un lupo e non solo lui. Quando il fatto arrivò in paese, la fantasia popolare non tardò a manifestarsi e per tutti fu “Lupo”. Anche oggi con il vivere quotidiano minacciato da pericoli meno impellenti anche se insidiosi, sono perlopiù gli animali che portano maggiori benefici all’uomo e non il contrario. E noi incassiamo senza neanche ringraziare.