Nel mondo attuale conta più il Dio soldo del bell’esempio di convivenza pacifica in un paese democratico di lunga tradizione. Proprio alla Festa nazionale la Svizzera viene punita con una guerra economica forse già da tempo in atto, più di ogni altro paese, perché non ha materie prime, produce ed esporta beni di alto valore, ha una sana amministrazione e non si indebita. L’intraprendenza di un piccolo paese pacifico, viene colpita dai dazi della superpotenza paladina del cosiddetto libero mercato. Viviamo in un mondo ipocrita pervaso di falsità e invidia, dove non è la democrazia, l’etica o la giustizia a guidare le decisioni ma l’arroganza del potere. Ne dovremmo trarre insegnamento, non per allinearci all’andamento bensì per imparare a scegliere con coraggio e dignità di pagare lo scotto per salvaguardare la nostra libertà e i valori che contano nella vita. Significa che i primati economici, non esclusiva garanzia del benessere reale del popolo, possono ridimensionarsi e le attività sature o superflue trovare un corso più calmo a nostra dimensione. Significa non svendere le aziende tecnologiche, non favorire attività di comodo che gonfiano il mercato del lavoro e poi si rilocalizzano, non giocare con la finanza facile. Si rivaluti il commercio in modo equo col Sud, col BRIC, il Messico, la Norvegia il Canada e altri paesi affidabili. È pericoloso concentrare gli sforzi e diventare dipendenti da uno o più potenze del globo che indebitano le proprie amministrazioni e riversano altrove i loro problemi. Diversifichiamo l’orizzonte con contadini, imprese e paesi che cercano il loro ruolo nel mondo con fatica proprio perché domina questo mercato retto dall’arroganza dei grandi blocchi, e dall’incapacità di risolvere pacificamente le guerre assurde che pure lo alimentano.