L’offensiva militare israeliana contro la città di Gaza ha raggiunto una nuova dimensione della catastrofe. Palazzi residenziali vengono distrutti, e centinaia di migliaia di civili sono nuovamente costretti a fuggire. Molti vengono spinti verso la cosiddetta “zona umanitaria” di Mawasi, un territorio né preparato né in grado di accogliere una popolazione così vasta. L’Onu avverte ormai di un rischio imminente di carestia, in particolare a Gaza City, Deir al-Balah e Khan Younis. Questa tragedia si svolge sotto gli occhi del mondo e anche della Svizzera. Ma la nostra risposta rimane troppo spesso limitata a formule diplomatiche e appelli vuoti. La neutralità non può significare inattività di fronte a violazioni massicce del diritto internazionale umanitario. In quanto depositaria delle Convenzioni di Ginevra, la Svizzera porta una responsabilità particolare.
Non è solo la mia opinione. Nell’agosto 2025, ex diplomatici svizzeri hanno indirizzato una lettera aperta al Consiglio federale, esortandolo a passare finalmente dalle parole ai fatti e a prendere sul serio i principi che la Svizzera proclama. Se persino voci esperte della nostra diplomazia lanciano l’allarme, è chiaro che lo status quo è insostenibile.
La Svizzera deve condannare senza ambiguità i crimini di guerra, sostenere le inchieste internazionali, prevedere sanzioni mirate e sospendere ogni cooperazione militare o di sicurezza con Israele. L’aiuto umanitario è indispensabile, ma senza pressione politica resta insufficiente. Tacere significa essere complici. È tempo che la Svizzera alzi la voce e adotti misure concrete, in nome del diritto internazionale, in nome dell’umanità.