La vittoria della Cdu e i risultati complessivi mettono un argine all’avanzata dell’AfD, che comunque si conferma seconda forza del Paese
Raddoppia l’estrema destra (grazie ai Land dell’est), ottiene un quinto dei voti, ma regge il “Brandmauer”, il cordone sanitario contro un partito accusato di flirtare con le idee oscene che hanno segnato le pagine più buie della storia tedesca. L’AfD non potrà far parte della coalizione, ribadisce il probabile futuro cancelliere Friedrich Merz leader della Cdu uscita vincitrice. Il “nein” è perentorio. La disponibilità a entrare in governo, subito manifestata da Alice Weidel, carismatica trascinatrice dell’ultradestra, beniamina di Musk e di Mosca, è stata immediatamente respinta.
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Schede elettorali
A bloccare qualsiasi ipotesi di coalizione tra i due partiti vincitori è la Storia stessa: il nazismo e il suo opposto, l’antifascismo del dopoguerra, sono al cuore dell’identità tedesca. Weidel non ci sta, respinge scomodi parallelismi storici, dice che ama l’Udc svizzera, modello virtuoso a suo giudizio, dalla quale ha tratto ispirazione. Filo-russa, anti-Ue e anti-Nato, apertamente xenofoba l’AfD ha certamente beneficiato dei sentimenti suscitati nel Paese dalla serie di attentati perpetrati da stranieri, in parte di matrice islamista. Da tempo la “Willkommenskultur” inaugurata da Angela Merkel è sotto accusa. Anche se malgrado il flusso di profughi, la Germania paradossalmente soffre per la mancanza di manodopera straniera.
Meno bene è andata alla sinistra populista e antistranieri del partito secessionista Bsw, sorta di copia-incolla programmatico dell’AfD, che, stando alle proiezioni, balla attorno al 5% necessario per entrare in Parlamento. Fuori sicuramente dal Bundestag i liberali della Fdp che subiscono un tonfo storico: pagano l’insuccesso della coalizione uscente che hanno manifestamente contributo a far fallire. Mentre la Spd subisce uno smacco storico, da tempo previsto dai sondaggi. Sconfitta che riflette le esitazioni e la mancanza di leadership di Olaf Scholz, ma pure la crisi di fiducia di un Paese che ha visto vacillare negli ultimi tempi i tre pilastri sui quali poggiava il suo successo: gas a buon mercato fornito dalla Russia, esportazioni verso la Cina, ombrello difensivo americano. Con il 16% circa dei suffragi i socialdemocratici passano dalla prima alla terza posizione, numeri che consentono loro comunque di rimanere in governo seppur questa volta in posizione subalterna rispetto alla Cdu-Csu salita dal 24% al 28%.
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Chrupalla e Weidel (AfD) festeggiano
Rinasce dalle ceneri la sinistra del partito Die Linke: il suo 9% dei suffragi riflette il successo della giovane pasionaria Heidi Reichinnek e toglie all’AfD la ghiotta opportunità di presentarsi come unica forza di opposizione. La Germania si ritrova così un po’ più nera, ma a governare saranno comunque le forze che abbracciano la democrazia liberale: una Grosse Koalition (Cdu/Csu-Spd) o un governo “Kenya”(dai colori della bandiera dello Stato africano) estesa per necessità ai verdi appaiono quasi certi.
Merz non ha comunque atteso a lungo ieri sera per far capire da che parte sta: Europa first, critica a Usa e Russia per le ingerenze nella campagna elettorale. La democrazia tedesca dà prova di grande responsabilità: nel giorno stesso in cui Donald Trump infierisce sul suo predecessore che avrebbe lasciato in eredità solo “merda”, gli sconfitti tedeschi fanno i complimenti ai vincitori e il cancelliere uscente augura tutto il bene al suo successore, assumendosi la responsabilità della sconfitta.
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Delusione per Scholz