La pax-americana è predatoria. Non agisce come si fa con un nemico sconfitto. Ma con un ex alleato da umiliare
Senza giustizia, non c’è vera pace. Monito del profeta Isaia. Innumerevoli volte ricordato. Quasi mai ascoltato. Nemmeno nelle guerre mondiali del secolo scorso. La prima terminata con i trattati di Versailles, pace talmente vessatoria nei confronti della Germania da costituire il preambolo della tragica rivincita tedesca; la seconda guerra mondiale, terminata con la pace di Yalta, in sostanza con le due nuove potenze mondiali extraeuropee, Usa e Urss, che imponevano all’Europa, di nuovo matrice del conflitto, un nuovo ordine continentale, a Est i Paesi del Patto di Varsavia prigionieri del comunismo sovietico, e a Ovest l’Alleanza atlantica e del capitalismo a guida statunitense. Cortina di ferro, Guerra fredda, disciplina atomica (reciproca distruzione garantita). Fino alla caduta del Muro, e alla successiva automatica dissoluzione dell’impero sovietico. Quindi, nascita di nuove indipendenze statali, e frustrazione di Mosca, privata del suo impero e confrontata con la vittoria e l’espansionismo verso est del blocco nemico. Illusosi, questi, che così poteva “finire la Storia”.
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Bacio Putin-Trump
Ma la Storia non era affatto terminata, si sarebbe comunque riattivata, addirittura più turbolenta e problematica, innestando nuovi conflitti, portando in scena altre potenze, indebolendo ideologicamente il fronte democratico affidato a un rapace capitalismo. Premessa al ritorno o all’affermarsi di autocrazie e teocrazie. Che sarebbero riuscite a contaminare anche la prima potenza mondiale, quegli Stati Uniti che, per chiara volontà popolare, come ha scritto il “New York Times”, sono ora finiti nelle mani di un potere filibustiere. Tanto da poter non solo correggere, com’era accettabile e auspicabile, ma addirittura rovesciare, svuotare, disarticolare l’Alleanza Atlantica, che per oltre mezzo secolo aveva garantito l’equilibrio militare su questa parte di mondo. Che, certo, ne ha pagato un alto prezzo in termini di sudditanza e di pigrizia, uno stato di libertà vigilata. Vassalli (un po’) a loro insaputa. Improvvisamente risvegliati dai brutali rimproveri, “parassiti europei”, venuti dal circolo magico di Trump, e da questi condivisi.
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Putin punta il dito
Intanto Mosca gongola. Può farlo di fronte a un’Europa+ (cioè “più” alcuni altri Paesi extra-Ue) che corre disordinatamente a un riarmo senza atomica, mentre proprio l’arsenale nucleare e non altro ha fatto la differenza sul quadrante della guerra ucraina; e, soprattutto, di fronte all’America di Trump, mediatore inverosimile, che tratta la Russia come l’interlocutore a cui tutto o quasi va concesso; poi che suggerisce uno storico rovesciamento di responsabilità fra aggredito e aggressore (contro ogni evidenza sarebbe il Paese di Zelensky); che fa capire di condividere l’analisi storica del Cremlino di un’Ucraina che come Stato non dovrebbe nemmeno esistere perché parte della madre Russia; che non può per un residuo di buonsenso, ma che volentieri si assocerebbe al Cremlino nel definire i governanti di Kiev una banda di ‘nazisti’ e l’Ucraina una nazione da denazificare, per farne una seconda asservita Bielorussia. Garantendo al “presidente-commerciante” americano di depredare l’Ucraina attraverso lo sfruttamento del Donbass, enorme bacino di terre rare (materie prime energetiche) che tanta gola fanno alla Casa Bianca. Ecco la pax-americana. Predatoria. Non come si fa con un nemico sconfitto. Ma con un ex alleato da umiliare.