laR+ IL COMMENTO

La golden share dei 27: il Cremlino dovrà negoziare con Bruxelles

Le ragioni sono tre: i 250 miliardi di dollari di riserve russe bloccate; le future vendite di materie prime; la necessità di tecnologia e capitali Ue

In sintesi:
  • I Ventisette sono in una posizione di forza
  • La mediazione di Trump si è arenata per i niet di Putin
  • Il crollo del prezzo del petrolio è un’ottima notizia per Zelensky
Putin se ne dovrà fare una ragione
(Keystone)
8 aprile 2025
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L’Europa ha la golden share nella soluzione definitiva della tragedia russo-ucraina e anche quella sul futuro sviluppo della Russia nel mondo del XXI secolo. Non bisogna farsi ingannare dai commenti estemporanei degli editorialisti che denunciano l’assenza dell’Ue dalle trattative a tre – Washington, Mosca, Kiev –. Non è ancora giunto il momento. Dopo che in Ucraina si riuscirà a fermare lo spargimento di sangue – speriamo il prima possibile –, il Cremlino dovrà negoziare con Bruxelles. Bisogna guardare ai tempi medio-lunghi e non solo a quelli immediati.

Le ragioni principali della golden share sono tre: i circa 250 miliardi di dollari delle riserve federali russe dimenticate nell’Ue nel 2022; la futura vendita delle materie prime (leggasi in primis petrolio e gas) di Mosca sul ricco mercato continentale; la necessità di attingere a tecnologia e capitali europei. I Ventisette sono in una posizione di forza, la quale non gli consente però oggi di fermare le ostilità per la loro natura di carattere geopolitico e geostrategico. Nella sua mediazione, il presidente americano Trump propone al russo Putin vantaggi economici – il comune sfruttamento dell’Artico? –. Anche perché finora chiunque abbia tentato di parlare di garanzie di sicurezza per Kiev si è scontrato contro il muro di Mosca. Trump segue il solco della trattativa (quella di Minsk) del 2015, quando – in cambio della fine del conflitto in Donbass – l’Occidente si impegnò a costruire il raddoppio del gasdotto sotto al Baltico, ridimensionando il peso geopolitico dell’Ucraina. Adesso la mediazione di Trump si è arenata per i niet di Putin. Secondo fonti di intelligence britannica e tedesca il Cremlino crede ancora di poter vincere militarmente. Quindi tergiversa, nonostante i soldi stiano finendo e a breve ci sia il rischio di una crisi economica di “non-ritorno”. Il crollo del prezzo del petrolio per i dazi di Trump è un’ottima notizia per Zelensky. Putin avrà meno dollari da spendere in armi e da lunedì 7 aprile la Russia ha cominciato a vendere valuta per compensare le mancate entrate.

Quando arriverà il momento, Mosca e Bruxelles saranno pertanto costrette a decidere in che continente vorranno vivere da vicini. In uno con una irresponsabile riedizione della Guerra Fredda o in uno abitato da Paesi civili. Le due diplomazie dovranno scegliere come impiegare le “riserve dimenticate”. Per la ricostruzione dell’Ucraina? Per garantire la sicurezza di Kiev? Difficile pensare che Bruxelles le riconsegni senza porre condizioni. E poi la Russia non può essere la Russia senza l’Europa. Tralasciando le questioni filosofiche, Mosca non può permettersi di non vendere le sue materie prime ai Ventisette. Ne va di mezzo il suo futuro. Lo spostamento delle risorse a Est, tanto urlato dai media, è stato un fallimento. I cinesi hanno comprato gas e petrolio russo imponendo i loro prezzi e le loro quantità. La monopolista Gazprom – prima del 2022 una “gallina dalle uova d’oro” – sta per licenziare migliaia di impiegati. Per di più, ora gli investimenti finanziari e le innovazioni tecnologiche dall’estero sono crollati. La Russia sta così scendendo dal treno dei Paesi più avanzati e rischia di diventare sempre più parte della periferia della globalizzazione. Per evitarlo, servirà per forza riconciliarsi con l’Ue: Putin se ne dovrà fare una ragione.