La grottesca querelle tra Lega e Udc in vista del '27 è solo l'ultimo caso di fuffa al quadrato quando le esigenze di popolazione e imprese aumentano
Davanti al teatro messo in piedi da Lega e Udc sulla possibile riedizione dell’intesa in vista delle elezioni cantonali del 2027 viene da chiedersi cosa possa pensare di tutto ciò una persona normale che ha bollette da pagare, figli da mandare agli studi, un’attività da cercar di rendere redditizia. L’autoreferenzialità è parte integrante della politica, ed è cosa nota. Ci mancherebbe altro. Ma il perdersi dietro discorsi su questo o quel nome, questo o quel vincolo, questo o quel veto a due anni dalle elezioni fa da un lato perdere alla destra quell’aura di pragmatismo che l’ha sempre accompagnata in contrapposizione alla fiera dei panni sporchi lavati in pubblico della sinistra, dall’altro a una perdita di contatto con la realtà. Si torna a chiedere: chi fatica ad arrivare a fine mese, o vorrebbe condizioni quadro migliori per la sua ditta, o ha preoccupazioni dettate dal potere d’acquisto in calo che opinione si fa di un battibeccare continuo e inconcludente?
Certo, i destini dell’alleanza tra Lega e Udc sono la pietra angolare delle prossime elezioni. Dal compimento o meno di questa intesa dipenderanno il movimento di tante pedine e la presenza di certe persone invece che altre sulle liste avversarie – soprattutto del Plr –, così come qualcuno che sembra non vedere l’ora di cercare la strada per Berna magari dovrà rinviare i viaggi settimanali di qualche tempo. Certo, anche la presenza di un esponente Udc in governo, con la relativa perdita da parte della Lega della maggioranza relativa, scompaginerebbe tutto e darebbe – forse – quella ventata di rinnovamento che un Consiglio di Stato un po’ impolverato sembra necessitare.
Ma fatta salva la chiacchiera politica, che tanto piace ad addetti ai lavori o autentici feticisti e non lo nega nessuno, resta la domanda: una popolazione sempre più sfiduciata, che fa progredire viepiù la scheda senza intestazione, con problemi che aumentano e risposte che spesso mancano, cosa deduce dalla battaglia al grido di “Vengo anch’io, no tu no” tra il presidente democentrista Piero Marchesi e il consigliere di Stato leghista Claudio Zali? La risposta semplice è che il tutto venga derubricato a questione di cadreghe che non risolvono nulla dei problemi aperti nei budget delle famiglie e nelle esigenze di chi produce.
Chi assiste al gran ballo della politica, lo fa leggendo il giornale la mattina prima di andare a lavorare, guardando la televisione o ascoltando la radio stanco la sera, seguendo sullo smartphone le notizie durante la giornata. Ma pensando a come far quadrare i conti, a come avere meno vincoli burocratici per la sua azienda, a evitare interventi nel proprio portafogli, a come crescere un figlio in un mondo che a volte sembra fuori controllo. Ed è a questi problemi, alla fattura della cassa malati come al far la spesa per la propria famiglia senza dover varcare la dogana, che la gente chiede risposte. Chi prova a mettere ordine con buon senso e concretezza a volte la spunta in parlamento, ma nella quotidianità l’utile viene sommerso dall’inutile facendo sembrare tutta l’erba un fascio: la conseguenza più grave, quella del “sono tutti uguali”. Finché ci saranno i cerotti elettorali e non le operazioni chirurgiche strutturali, non ci si dovrà meravigliare se le risposte che i grandi temi meritano rimarranno sempre e solo nel campo della fantasia.
Alla fine, al di là di cordoni sanitari, alleanze, intese o vociate generali, in una democrazia è il popolo che decide. Non va mai dimenticato: né da chi guarda il dito, né da chi guarda la luna.