laR+ IL COMMENTO

Francesco, i due Papi, la predica del Mattino: questioni di tempo e di spazio

L’errore grossolano, ma umano, di Rsi Cultura e successive polemiche si prestano per una riflessione metagiornalistica (e anche un po' metafisica)

In sintesi:
  • La vera sfida è saper essere uno tra gli ultimi, non tra i primi
  • A volte gli errori giornalistici acquisiscono un certo significato soltanto col tempo
(Keystone)
23 aprile 2025
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Meno di un minuto. È questo il tempo trascorso tra il primo click – quello sul tasto ‘pubblica’ – e il secondo – ‘rimuovi’ – sul post con cui lunedì il canale Rsi Cultura ha annunciato sui social la scomparsa di papa Francesco ma con la foto sbagliata, quella di Benedetto XVI. Un errore grossolano ma umano, che merita una riflessione sia metagiornalistica che metafisica. Una svista piuttosto imbarazzante causata da un mix di “stress e fretta”, hanno spiegato da Comano, ed è qui dove vale la pena soffermarsi un attimo, nella corsa a cui un o una collega ha sentito di dover partecipare per essere tra i primi a dare la notizia che in pochi minuti avrebbe fatto il giro del mondo: la morte di Francesco, Papa di tutti ma soprattutto degli ultimi. Ecco il paradosso, che riguarda pure uno degli insegnamenti più importanti di Bergoglio: la vera sfida è saper essere uno tra gli ultimi, non tra i primi. Infatti, le nozioni di tempo e di spazio andrebbero riviste – come suggerisce tra l’altro lo stesso Papa in una delle sue intuizioni più profonde (‘La gioia del Vangelo’) – anche e in particolare all’interno del mondo dell’informazione.

Tuttavia quel breve istante di vita dello sfortunato post è stato abbastanza lungo da permettere al più accreditato fact-checker nostrano di imbastire la polemica con il solito ritornello (o messa cantata), proprio in una giornata contraddistinta dal cordoglio universale. Colui che con la sua ignobile predica domenicale è stato capace – più volte, ma specialmente la mattina del 30 giugno 2024 – di spargere la sua bile sui meteorologi colpevoli di diramare “allerte farlocche”, mentre la Vallemaggia si svegliava a pezzi e contando le vittime della tragica alluvione. Un articoletto infame pubblicato sull’edizione cartacea del Mattino e rimasto reperibile sui social ben più di un minuto...

Che poi è buffo, perché a volte gli errori giornalistici – involontari o meno che siano – acquisiscono un certo significato soltanto col passare del tempo. È il caso di una presunta frase attribuita a Fidel Castro, trasformata nell’ultimo decennio in una sorta di profezia. Un aneddoto mai verificato, che in realtà riguarda una barzelletta che girava tra le strade dell’Avana negli anni più intensi della Guerra Fredda. Raccontava che a un certo punto Ernesto Guevara avesse chiesto a Fidel quando gli Usa avrebbero levato “il maledetto blocco sull’isola”. E il leader cubano: “Dopo che il presidente yankee sarà nero e democratico e il Papa un argentino”. La battuta finiva con il ‘Che’ che diceva a Fidel di non prenderlo in giro. Resta il fatto però che dopo la presidenza di Obama (diventata nel mentre un lontano ricordo) e il pontificato di Bergoglio, il blocco americano su Cuba c’è ancora e il mondo non è per niente mutato in meglio, anzi.

È probabile che Francesco sapesse già che sarebbe stato così pure nel 2013, quando i cardinali sono andati a cercarlo “alla fine del mondo”: il suo pontificato è nato con l’obiettivo di avviare un processo di cambiamento senza la pretesa di vederlo portato a compimento. In una delle ultime interviste rilasciate a un giornale argentino il Papa diceva, a proposito della morte, di aver chiesto a Dio “che non mi prenda incosciente, vorrei vederla arrivare”. Forse perché, riallacciandosi alla sua idea per cui “il tempo è superiore allo spazio”, aveva da qualche parte in mente la preghiera laica di León Gieco (‘Sólo le pido a Dios’), quella in cui spera “che la morte rinsecchita non mi trovi vuoto e solo, senza aver fatto abbastanza”.