laR+ IL COMMENTO

Norman Zali e Claudio Gobbi, soggetti (interscambiabili) arroccati al potere

Non ci sono scuse: nemmeno i devoti più fedeli della ‘setta’ di via Monte Boglia hanno creduto alla storiella dello scambio ‘nell’interesse dei cittadini’

In sintesi:
  • Ora ognuno dei partiti di governo, calcolatrice alla mano, farà i dovuti conti
  • Quanto tempo ci vorrà per arrivare a porre la parola ‘fine’ a questa pagliacciata?
Scempio istituzionale
(Ti-Press)
4 giugno 2025
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Non ci sono scuse che tengano. Nessuno con un minimo di senno può veramente dare credito alla valanga di castronerie proferite negli ultimi giorni dai due consiglieri di Stato leghisti e dal coordinatore del partito di maggioranza relativa in governo, tanto meno alle fesserie sventolate a caratteri cubitali dal Foglio domenicale del fu movimento. Le più recenti (presumibilmente imposte dagli altri tre membri del governo) sono infatti le “sincere” scuse che Norman Zali e Claudio Gobbi hanno porto ieri ai colleghi, durante la seduta straordinaria di Consiglio di Stato, “per aver anticipato i tempi dell’informazione in merito a una richiesta formulata, ma non ancora discussa”.

A dirla tutta, neanche i devoti più fedeli della “setta” di via Monte Boglia hanno creduto alla storiella dell’arrocco tra Gobbi e Zali “nell’interesse dei cittadini”: ieri un sondaggio lanciato dal sito del ‘mattinonline’ è stato prontamente rimosso dal web una volta appreso che il 54,7% dei partecipanti aveva risposto con un giudizio netto: “È solo una manovra per conservare le poltrone”. Solo uno scarso 17,6% delle persone ha invece dato un giudizio positivo alla messa in scena dei due consiglieri di Stato “pienamente motivati” per uno scambio dei rispettivi Dipartimenti.

Lo scempio istituzionale aveva tuttavia raggiunto il suo climax lunedì, quando i ministri in tandem, dal pulpito del Palacongressi e di fronte al terzo potere dello Stato – in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario –, si sono permessi di dare per acquisito l’arrocco dipartimentale mettendo i magistrati, ma soprattutto gli altri tre integranti del governo, di fronte a un (presunto) fatto compiuto.

Qui delle due l’una: o qualcuno in casa Lega ha fatto male i conti, confidando che l’assenso (imbarazzante e assai verosimile) dei liberali fosse sufficiente per ovviare ai dovuti passaggi previsti dalla Costituzione cantonale per un inaudito caso del genere (articolo 69, capoverso 2: per una revoca di una decisione governativa occorre una maggioranza qualificata di 4/5); oppure alla vigilia della frettolosa sparata domenicale e successiva conferma dei diretti interessati, i grandi strateghi di via Monte Boglia erano convinti di avere dalla loro parte i due complici necessari a portare a termine l’operazione, ma poi qualcuno è tornato sui suoi passi.

Ora il Consiglio di Stato ha deciso di prendersi “il tempo necessario per approfondire la richiesta dei colleghi e ponderare la propria decisione nell’interesse delle istituzioni”. Tradotto: ognuno dei partiti di governo, calcolatrice alla mano, farà i dovuti conti per capire quale potrebbe essere lo scenario più vantaggioso per sé e per gli interessi che rappresenta. Se poi ciò coinciderà o meno con una visione rispettosa della Costituzione, della cittadinanza e dei propri valori (vero, Plr?), ancora meglio.

Quanto tempo ci vorrà per arrivare a porre la parola ‘fine’ a questa pagliacciata? Si spera un po’ meno dei 12 anni – con in mezzo tre turni di elezioni cantonali e relativi insediamenti – che la Lega ci ha messo per capire (due minuti prima del naufragio) che l’inconcludenza politica e la lunga serie di insuccessi dei suoi rappresentanti nell’esecutivo derivano da un errore di collocazione a monte: “Norman è un uomo da terreno, Claudio più da scrivania” (Piccaluga dixit).

Quello che oggi invece appare chiaro a tutto il Cantone (pure a chi si ostinava a non voler vedere) è che a Norman Zali e a Claudio Gobbi – due soggetti a quanto pare interscambiabili, ferreamente arroccati al potere – non rimane neanche un pizzico di credibilità.