laR+ IL COMMENTO

Gli accordi con l’Ue, l’Udc e la tentazione anti-europea del Plr

I liberali-radicali sono divisi sul futuro della politica europea. Non è un buon segno per l’alleanza pro-Bilaterali

In sintesi:
  • I democentristi dettano i termini del dibattito, il partito di Thierry Burkart balbetta
  • Il Plr scimmiotterà l’Udc anche su questo dossier, oltre che su asilo e migrazione?
Consiglio federale e Commissione europea hanno pubblicato venerdì il pacchetto di accordi
(Keystone)
16 giugno 2025
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Nel “venerdì nero per la democrazia svizzera”, Ignazio Cassis “strappa il Patto federale” del 1291 e con esso “la secolare volontà di autodeterminazione della Svizzera”. Ironia della storia: nel ruolo di protagonista del simbolico patrio tradimento – messo in scena dall’Udc sulla Terrazza federale, sotto la finestra dell’ufficio del capo del Dipartimento federale degli affari esteri – vi è un politico (del Plr) che nel 2017 venne eletto in Governo (nota bene: grazie ai voti democentristi) dopo aver rinunciato al passaporto italiano ed essersi così fatto svizzero al 100%.

Due giorni prima: sul praticello del Grütli (gestito dalla Società svizzera di utilità pubblica presieduta da Anders Stokholm, dal 2015 e fino a quest’anno sindaco Plr di Frauenfeld), il presidente dell’Udc Marcel Dettling infilza con un’alabarda un corposo malloppo di fogli: il (fittizio) “trattato di sottomissione all’Ue”. “Patto federale o trattato di sottomissione all’Ue? Libertà o servitù? Una pagina di verità o 1’800 pagine di cortina fumogena?”, incalza sotto la bandiera svizzera (e uno striscione ‘Remigration’ srotolato sulla montagna soprastante da membri del gruppo di estrema destra ‘Junge Tat’) Thomas Aeschi, presidente del gruppo parlamentare. Subito dopo, Markus Somm – caporedattore ed editore di ‘Nebelspalter’, storico e membro del Plr – se la prende, in un dotto quanto appassionato excursus, con gli “storici moderni” impegnati a decostruire i miti svizzeri.

Cassis, Stokholm, Somm; Dettling, Aeschi. Plr e Udc negli scorsi giorni si sono sfiorati spesso. Anche sotto la cupola di Palazzo federale. Il partito che nel 1848 ha presieduto alla nascita della Svizzera moderna e quello che non manca occasione per rispolverarne i miti fondatori si sono ritrovati fianco a fianco ad esempio al Consiglio degli Stati, dove hanno combattuto invano l’intesa fra sinistra e Centro sul finanziamento della 13esima Avs e l’aumento delle rendite Avs dei coniugi. Ma questo è courant normal. Piuttosto atipico, invece, quanto successo al Nazionale, dove oltre un terzo del gruppo liberale-radicale ha seguito i colleghi democentristi nella difesa dell’iniziativa che chiede di ridurre a 200 franchi il canone radiotelevisivo.

Tranne i Verdi liberali, finora nessuno si è stracciato le vesti per i ‘Bilaterali III’. Ps, Verdi e sindacati sono in larga parte acquisiti alla causa. Ma il Centro rimane sulle sue. E anche il Consiglio federale si guarda bene dal lasciar trapelare segnali di entusiasmo. L’Udc ne ha approfittato. Da mesi bombarda le redazioni e il pubblico con una raffica di comunicati stampa copia-incolla: ha imposto i termini del dibattito.

Di fronte a quest’arrembaggio retorico, il Plr – che di Dettling & co. è politicamente contiguo, a volte complice – appare spaesato. Continua ad arrancare sul piano elettorale. E adesso deve pure trovarsi un nuovo presidente, dopo le dimissioni a sorpresa di Thierry Burkart (lui stesso assai guardingo sugli accordi con l’Ue). Vanta sì un consigliere federale che venerdì ha difeso in maniera convincente i ‘Bilaterali III’ e che come nessun altro ormai incarna la volontà di fare un passo avanti nelle relazioni con l’Ue; ma ne ha anche un’altra (la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter) assai tiepida al riguardo.

Fragilizzati, divisi sul futuro della via bilaterale, i liberali-radicali – da sempre una delle forze trainanti dell’ampia ed eterogenea alleanza che da 25 anni la difende – scimmiotteranno l’Udc anche sulla politica europea, oltre che su asilo e migrazione? Lo scopriremo nei prossimi mesi.