laR+ IL COMMENTO

Marco e Francesca, censura e libertà

Albanese svolge il suo lavoro, che è quello di denunciare le violazioni dei diritti umani. Che a punirla siano gli Usa, è un ennesimo inquietante segnale

In sintesi:
  • Rubio ha semplicemente accolto le esplicite richieste di Un Watch
  • La macchina del fango delle varie lobby da tempo scalda i motori per contrastare le denunce di sterminio
(Ti-Press)
14 luglio 2025
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“Una persecuzione indegna”, l’ha bollata Anna Foa. A schierarsi con Francesca Albanese non vi è solo la nota storica dell’ebraismo. Esperti di antisemitismo, Onu e Ue all’unisono hanno denunciato la decisione di Marco Rubio di applicare sanzioni contro la relatrice dell’Onu sui territori palestinesi occupati. La controversa misura del segretario di Stato americano riguarda il recente rapporto sulle aziende che trarrebbero profitto dalla strage a Gaza. In precedenza Albanese aveva accusato Israele di genocidio: sarebbe di riflesso pro-Hamas e antisemita, da tempo un consumato improperio pass-partout con il quale si vogliono silenziare le voci critiche. Secondo l’Onu, per stabilire l’esistenza di un genocidio (“proposito di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, religioso”) ci vuole la prova dei fatti ma pure delle intenzioni. I primi (eccidio, fame, distruzioni, torture) sono accertati, sulle intenzioni invece vi è in corso una verifica da parte della Corte internazionale di giustizia. La quale aveva già definito plausibile la denuncia inoltrata dal Sudafrica. Diversi storici israeliani (Raz Segal, Amos Goldberg), Ong super partes (come Amnesty o Hrw), giuristi e politici (Pedro Sanchez) sono affermativi: si sta sicuramente perpetrando un genocidio. Alcuni proclami di rappresentanti del governo Netanyahu lasciano pochi dubbi anche sulle intenzioni: “Gaza deve essere rasa al suolo” (G. Eiland), “Dobbiamo causare una distruzione massiccia, non meno di quella di Hiroshima” (A. Dichter). Al di là della semantica, le atrocità sono sotto gli occhi di tutti: intervistato dal Canale Tv 13, l’ex premier Olmert è insorto contro “gli ebrei che bruciano i palestinesi e le loro case, che rubano le loro terre”.

In realtà Marco Rubio ha semplicemente accolto le esplicite richieste di Un Watch, Ong divenuta con il tempo un’agguerrita guardia pretoriana del governo di Tel Aviv, affiliata all’American Jewish Committee, che in maggio aveva proprio chiesto la testa della Albanese. In precedenza sotto il regime delle sanzioni Usa, singolarmente accusato pure di molestie sessuali, era finito Karim Khan, il procuratore della Cpi, che aveva spiccato un mandato di cattura contro Netanyahu e Gallant. La macchina del fango delle varie lobby ha da tempo scaldato i motori per contrastare quanti denunciano lo sterminio. Ecco dunque la valanga di fake news su Francesca Albanese, “pagata dai terroristi, antisemita, ecc...”. Il tiro al bersaglio ormai quotidiano sui bimbi e i civili affamati in attesa di cibo sembra non suscitare particolari emozioni, importante è denunciare chi... denuncia.

Per ammissione stessa del suo segretario generale Walter Blum (Le Temps e 24 Heures), l’Associazione Svizzera-Israele (Asi) ha invitato i suoi aderenti a osservare sistematicamente (per poi riferire, previsto pure un forfait) “l’opposto schieramento” tra cui la Ssr, Tamedia (ma non la Nzz), le chiese, il Cicr, l’Onu, ecc... Una sorta di “spionaggio” legale, ma accettabile? Non c’è da sorprendersi che posizioni tanto estreme abbiano indotto non pochi aderenti a lasciare l’Asi, tra cui il Consigliere nazionale Udc Piero Marchesi, di certo non sospettabile di simpatie filo-palestinesi.

Francesca Albanese svolge semplicemente il suo lavoro, che è quello di denunciare le violazioni dei diritti umani. Che a punirla siano gli Stati Uniti, nella cui Costituzione la libertà di parola è uno dei capisaldi, è un ennesimo inquietante segnale del degrado del diritto e della democrazia.