Dietro l’affondo di Marchesi e Dadò sulle predazioni c’è molto altro di non detto. Sia sul Plr, sia sul futuro di Claudio Zali. Dirlo aiuterebbe non poco
In tempi dove la confusione abbonda bisognerebbe avere l’accortezza di chiamare le cose col loro nome: nell’affondo di Piero Marchesi e Fiorenzo Dadò contro Claudio Zali e la Lega, il lupo è uno specchietto per le allodole. Punto.
Confermandosi due volponi della politica, i presidenti di Udc e Centro hanno letto il sobrio e morigerato ‘Achtung’ che “Il Mattino della domenica” ha inviato al direttore del Dipartimento del territorio sul tema predazioni – aprire il fuoco libero –, si son dati di gomito consci di essere inattaccabili visto che di lupo scrivono, parlano e contestano da tempo ed ecco la combine, quella vera, che ha un chiaro obiettivo: dare una bastonata alla Lega e a Zali per darne, nell’ombra, una ancora più forte al Plr.
Il pastrocchio governativo o arrocchino che dir si voglia tra Claudio Zali e Norman Gobbi, con lo scambio di alcuni dossier tra i due ministri leghisti, ha dato la spinta definitiva a una campagna elettorale di fatto già lanciata. Il mantenimento dell’intesa tra Lega e Udc è fortemente a rischio e questo, con il movimento di via Monte Boglia che correndo da solo a meno di interventi divini perderebbe un seggio in governo, porta a un bivio: con le dinamiche attuali, quel seggio finirebbe o al Plr, che raddoppierebbe la presenza in Consiglio di Stato, o all’Udc che, con Marchesi, entrerebbe nel governo cantonale. Non ci vuole chissà quale indovino per comprendere che se tornasse la doppietta liberale radicale in governo sarebbe un’onta per chi ha la conduzione dei democristiani, già Ppd e oggi Centro.
Anche col fumogeno appena lanciato, però, Dadò e Marchesi le cose le fanno bene. Stringiamo i tempi, è estate: le repliche possiamo già scriverle noi. Quella del presidente del Centro è che il suo partito sui vari temi a volte è più vicino alle istanze sociali, a volte a quelle della destra, tutto, sia ben chiaro eh, nell’interesse dei ticinesi. Quella del presidente democentrista, invece, è che il Dipartimento del territorio non lo criticano da ieri e che, soprattutto sulla questione lupo, il partito si è sempre profilato e ha attaccato Zali ben prima del “Mattino”. Vero, ma che noia. Perché disperso il fumo, resta l’arrosto: nessuno dei due vuole un ipotetico raddoppio Plr in Consiglio di Stato e da quando Claudio Zali ha fatto capire che forse non ha tutta questa voglia di ritirarsi dalla contesa, per giunta con nelle vene la nuova linfa dell’attribuzione della responsabilità di Giustizia e Polizia, gli attacchi nei suoi confronti si sono intensificati. Si abbia il coraggio di dirlo oltre a parlare del lupo che è certo un’oggettiva emergenza, ma col retrogusto dell’esercizio alibi.
Discettare di attacchi alle istituzioni per tutto il mese che ha accompagnato il tentato arrocco in Consiglio di Stato per poi, dieci giorni dopo l’extra muros di Bedretto, chiedere che il governo nel suo insieme cambi il responsabile della gestione del dossier lupo è un perculo troppo grottesco per essere preso sul serio. E farsi dare lezioni di galateo istituzionale dalla Lega la dice lunghissima sullo stato dell’arte. Ci mancherebbe altro, quando si crea un precedente poi si aprono le autostrade. Provocatorie o meno, sensate o meno. Ma il rispetto per le buone pratiche non dovrebbe essere a corrente alternata, o in base alle crocette che si pensa di guadagnare. O far guadagnare.
Poi manca solo che, plot twist, nella prima seduta di governo dopo l’estate Raffaele De Rosa ponga la questione della conduzione del dossier lupo e si ricominci da capo. Dire che siamo veramente pronti a tutto sembra più qualcosa con cui fare i conti, rispetto a un’iperbole.