laR+ IL COMMENTO

Un clima pacifico e più rispettoso

Domenica si è chiuso un Europeo capace di riscrivere la storia e ribadire che il calcio femminile merita riconoscenza

In sintesi:
  • La presenza delle forze dell'ordine quasi è stata impercettibile
  • Ogni bambina che ama parastinchi e pallone dovrebbe avere la possibilità di seguire la sua passione
(Keystone)
29 luglio 2025
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Il pareggio firmato in extremis da Riola Xhemaili, le parate di Ann-Katrin Berger, la resilienza delle campionesse in carica e la perseveranza delle giocatrici più esperte. Fotografie di un Europeo capace di riscrivere la storia e affermare che il calcio femminile merita rispetto. Le otto città ospitanti sono infatti state letteralmente contagiate dall’euforia, tant’è che neppure i semafori hanno resistito a colorarsi a festa. Un entusiasmo possibile grazie soprattutto alla determinazione mostrata dalla Nazionale rossocrociata, che fin dalle battute iniziali è stata in grado di alimentare la fiammella della passione. Fiammella rimasta ‘accesa’ nel corso di tutto il torneo a mo’ di fiaccola olimpica, facendo palpitare il Paese. Che fosse in televisione o sulle pagine dei giornali l’espressione più utilizzata è stata univoca: cuore. Il motore del corpo umano, da cui nasce l’intero spettro delle emozioni.

Una manifestazione capace di accelerare il cambiamento e mostrare ancora una volta che il calcio è uno strumento inclusivo. Il mondo del pallone riesce a connettere popoli e culture, in ambito femminile in un clima maggiormente pacifico e rispettoso. Privo di qualsiasi forma di violenza, insomma. Le tribune non dovrebbero infatti essere una valvola di sfogo. Delusioni e livori della vita quotidiana dovrebbero sempre rimanere fuori dal rettangolo da gioco. Talvolta un equilibrio delicato, come scriveva Leopardi riferendosi alla ricerca della felicità. Un’esperienza fugace, illusoria. I pittoreschi cappellini gallesi, le cosiddette Soft Hooligans, lo scroscio di applausi riservato dalla tifoseria iberica (a pochi minuti dal fischio d’inizio fra Svizzera e Spagna) a quella rossocrociata e la passerella d’onore in seguito dedicata pure da Paredes e compagne. Un ambiente sereno, dove la presenza delle forze dell’ordine quasi è impercettibile. E ciò ha permesso a numerosi bambini di recarsi tranquillamente allo stadio. Più facile ancora tramite i mezzi pubblici. Comodissimi per spostarsi da una regione all’altra, a meno di abitare in Ticino. Le Ferrovie federali, e questa è forse l’unica pecca del torneo, hanno completamente dimenticato il Sud delle Alpi.

La rassegna è comunque stata un successo, confermando dunque che la Svizzera è capace di organizzare grandi manifestazioni. Affidabile, ospitale. Come nell’offrire una confezione di benvenuto a ognuna delle squadre partecipanti. Una genuinità emersa pure in campo. Forma e sostanza che rientrano nello spettacolo proposto dalle migliori calciatrici del continente. Ora il professionismo è una realtà quasi mondiale. Il prodotto suscita viepiù interesse, che si traduce in maggiori sponsor e investimenti nonché marchi di abbigliamento che mettono in risalto le specificità femminili. Fra i confini rossocrociati l’euforia che ha innescato la rassegna europea pare aver già smosso un po’ le acque, triplicando (in alcuni casi) il numero di abbonamenti per la prossima stagione del massimo campionato. Sarà tuttavia fondamentale permettere alle ragazze di tornare a calcare i grandi palcoscenici affinché il torneo non rimanga qualcosa di straordinario. Un’eccezione. Bensì possa trasformarsi nella consuetudine. Non tutte le bambine devono amare il calcio, ma chi sente il richiamo di parastinchi e palloni dovrebbe avere la possibilità di rincorrere i propri sogni e alimentare la fiammella della passione. Parafrasando una citazione di Carolina Morace, giocare a calcio per una donna oggi “dovrebbe significare solo dribblare le avversarie” e non più anche i numerosi e incessanti preconcetti.