Hotel e ristoranti senza minori in una società sempre più intollerante e con qualche problema di educazione
Vanno sempre più di moda hotel, ristoranti, stabilimenti balneari, spa, crociere, escursioni ‘senza bambini’, che accolgono, quando va bene, ragazzi dai 12 anni, quando va meno bene (ma dipende dai punti di vista!) solo maggiorenni. Una promessa di relax al riparo da bimbi schiamazzanti che negli ultimi anni, dicono gli esperti del settore, va alla grande in strutture super stellate che offrono esperienze personalizzate ed esclusive. Ne usufruiscono anche genitori in libera uscita, forse per ricaricare le batterie o nonni in cerca di pace, dopo aver cresciuto due generazioni. Ben venga ogni nuova nicchia di mercato. Ma che cosa ci racconta, più sottilmente, tutto ciò? Da quando i bambini hanno iniziato a esserci così insopportabili da dover creare ghetti generazionali? Effettivamente sanno essere rumorosi, talvolta irritanti, ma allo stesso tempo sono gioiosi, spensierati, spontanei. Volendo semplificare, potremmo ridurre la questione a una domanda: stiamo diventando una società sempre più intollerante e irritabile oppure viviamo circondati da orde di bambini chiassosi, che sono stati educati male? Ci tocca tirare in ballo i genitori, quei pochi che fanno ancora figli, spesso incolpati di essere incapaci di mettere limiti e farli rispettare. In verità, c’è di tutto, anche qualche episodio spiacevole. A volte mentre cerchi di goderti una pizza, al tavolo accanto ci sono bambini, annoiati e inferociti dall’afa, che si divertono a lanciarsi la mollica di pane come fossero in un campo di battaglia, centrando ogni tanto i piatti dei vicini. Oppure sul treno devi sorbirti i cartoni animati a tutto volume sparati dallo smartphone-babysitter di un bimbo parcheggiato davanti allo schermo, senza cuffie, pronto a urlare se un adulto osa toglierglielo di mano. Può essere fastidioso, ma i bambini non sono mica imbalsamati, respirano, giocano, talvolta litigano. Sicuramente un tempo c’era più tolleranza e una diversa (non per forza migliore) educazione.
Le generazioni precedenti avevano valori di disciplina più rigidi, si discuteva di meno e si ubbidiva di più. I limiti da non valicare erano ben chiari, come le conseguenze, a volte, a suon di ‘ceffoni educativi’, tollerati in una società più manesca. Oggi si media di più per trovare un accordo, la violenza domestica è vietata per legge. Tutto è più fluido, anche i ruoli. Fare il genitore è una grossa sfida e la tecnologia sta incasinando i rapporti sociali e intergenerazionali. Gli adolescenti, costantemente connessi, hanno accesso a più informazioni, di conseguenza hanno (si spera) più senso critico e lo esercitano. Allo stesso tempo staccarli da social e videogiochi è un’ardua missione. Una lotta impari contro strumenti progettati per tenerci incollati allo schermo agendo su processi profondi della mente. Ad esempio usando stimoli e gratificazioni continue, che, piacere dopo piacere, spingono alla ripetizione, sfruttando meccanismi psicologici, come la ricompensa positiva (più se ne riceve, più si ripete l’azione). In alcune famiglie, l’azione ipnotica del cellulare babysitter si è divorata i pochi momenti di condivisione ai pasti. Innegabilmente il lavoro di genitore oggi è più difficile, servono impegno, tenacia e creatività per bilanciare l’uso della tecnologia, per mettere regole, time out digitali. C’è chi ha alzato bandiera bianca, c’è chi, a fatica, lo fa, aiutando contemporaneamente a ridurre le frizioni sociali dentro e fuori dalla famiglia. Tornando a parlarsi, a giocare senza schermi, a esplorare il mondo nel rispetto di chi ti sta seduto accanto.