Contro chi vuole sguinzagliare libere volpi in libero pollaio, l’Europa deve rimanere un baluardo
Il loro volto non è ancora apparso a “Chi l’ha visto?”. Non c’è dunque di che veramente preoccuparsi, anche se sui social qualcuno, riferendosi al capo della nostra diplomazia, si chiede tra il faceto e il serio (poco) “Cassis sta bene?”.
Non sono rari i politici ad aver adottato un profilo talmente basso da sfiorare l’evanescenza. Ci sono gli amici di Netanyahu che di fronte a una base indignata hanno optato per il silenzio: accanto a quello degli innocenti (le vittime), quello solidale e fragoroso delle proteste (Locarno), annotiamo il loro, imbarazzato e disonorevole. Mutatis mutandis, silenzi e imbarazzo pure nelle file della destra nostrana che ha visto spegnersi in men che non si dica la propria baldanza per il ritorno alla Casa Bianca del suo beniamino.
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Cassis con il volantino di Cassis
“Trump ama la Svizzera” aveva esclamato l’Udc Magdalena Martullo-Blocher che con lui, oltre alla visione del mondo, condivide la passione per il business. Nulla di illegittimo: il fatto è che la sua spavalderia è stata un temporale estivo, e oggi denuncia “la dannosa aggressività” del suo ex mentore arancione. Su queste colonne, qualche giorno fa, anche Piero Marchesi e Marco Chiesa hanno esternato delusione e sorpresa per le modalità “narcisiste e arroganti” di Trump. Stupore e condanna da parte dei due parlamentari che non convincono: come se prima di punire la Svizzera, Trump non fosse stato il capriccioso mentitore seriale, pluripregiudicato, golpista che tutti conosciamo.
In realtà, al netto del narcisismo maligno del 47esimo presidente, il sovranismo è potenzialmente gravido di conflitti, disprezza multilateralismo e diritti umani, caldeggia la legge del più forte: l’hobbesiano “homo homini lupus”. In un articolato intervento sul Corriere del Ticino, l’avvocato Tito Tettamanti, che da anni flirta con il sovranismo ma che – gliene diamo atto – non è mai stato irretito dal canto delle sirene trumpiane, analizza con innegabile competenza la diatriba sui dazi. Sostiene che le “tariffs” sono un abbaglio che inciderà sul calo dei consumi o su una diminuzione delle entrate, nell’ipotesi di una delocalizzazione aziendale negli Usa (tesi condivisibile), che la sinistra è responsabile della vittoria di Trump per aver puntato sull’ideologia woke, che la democrazia negli Usa non è comunque in pericolo (dissentiamo).
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Due bandiere sempre più distanti
Tettamanti ricorda che l’Europa ha pure imposto degli ostacoli al commercio: dei “dazi” non dichiarati tali che andrebbero tolti, perché “non solo di Trump si muore”. A cosa si riferisce l’avvocato? Alle diverse disposizioni europee sulla protezione dell’ambiente, dei consumatori, della salute, dei lavoratori. Quelle che ad esempio ci consentono di mangiare cibo più sano o di respirare aria meno inquinata, di sentirci protetti come lavoratori. Qui “TT” arriva al capolinea del suo pensiero: un finale mesto, che non possiamo sottoscrivere.
Di fronte al disordine e alla malattia del mondo, alla cupidigia delle oligarchie, sono proprio gli argini anti-liberisti dell’Europa che possono difenderci dalla perversione della legge della giungla. Non a caso Trump ha quale modello il “Gilded Age”, l’Età dell’oro di fine ’800, cocktail di protezionismo e liberismo, quando sotto la presidenza McKinley l’1% degli americani deteneva il 50% della ricchezza. Oggi i Rockefeller (petrolio), Carnegie (acciaio) o Morgan (finanza) di allora si chiamano Bezos, Zuckerberg o Musk: vogliono sguinzagliare libere volpi in libero pollaio, agognano un insidioso ritorno al futuro, contro il quale l’Europa deve rimanere un baluardo.