laR+ IL COMMENTO

Blacklist di cassa malati, una cura con troppe controindicazioni

Giusto voler punire i furbetti che possono pagare i premi e non lo fanno. Ma non a scapito di fragili e senza benefici economici

In sintesi:
  • Se la stragrande maggioranza dei Cantoni non le ha attive, ci sarà un motivo
  • La sinistra, quando dialoga con le altre forze politiche, qualche risultato lo porta a casa
Tra l’incudine e il martello restano i Comuni
(Ti-Press)
19 settembre 2025
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I furbetti delle casse malati – sanguisughe sociali che non pagano i premi nonostante ne abbiano le possibilità – ci sono. Non si spiega altrimenti il drastico calo dei morosi di cassa malati tra il 2019 e il 2021 quando oltre settemila persone, spinte probabilmente dalla paura provocata dalla pandemia, si sono messe in regola. Certo, non tutti quelli che non pagano i premi lo fanno per permettersi cene al ristorante e vacanze all’estero. Però ci sono, come ha anche fatto capire il direttore del Dipartimento sanità e socialità Raffaele De Rosa mercoledì in aula quando il Gran Consiglio ha deciso di abolire definitivamente le blacklist di cassa malati, ovvero il controverso strumento federale che permette ai Cantoni di elencare i nomi degli assicurati morosi (ma che potrebbero non esserlo) ai quali va tolta la copertura assicurativa per le cure che non sono strettamente urgenti e necessarie.

Partendo quindi dal presupposto (si spera condiviso da tutti) che questi furbetti è giusto scovarli e punirli, resta da capire come e a che prezzo. Certamente non facendo finire nel calderone chi davvero non riesce a pagare i premi e nemmeno creando per la collettività un costo maggiore di quello che sarebbe il beneficio economico.

Ecco quindi che le blacklist di cassa malati, per quanto basate su un principio condivisibile – creare un effetto di deterrenza e spingere chi può pagare a farlo –, si portano appresso due rischi decisamente troppo elevati. Primo: per inserire nella lista una persona bisogna conoscere nel dettaglio la sua situazione economica. Esercizio decisamente ostico visto che non esiste un obbligo di risposta alla convocazione del Comune. La maggior parte di chi viene contattato non si presenta. Situazione di disagio sociale o semplice furbizia? Nel dubbio meglio non colpire anche chi è fragile e non capisce che le autorità lo contattano per aiutarlo. Secondo: un reale effetto benefico sui conti pubblici è tutto da dimostrare. Lucerna, che ha recentemente disattivato le liste, ha motivato questa scelta con il fatto che la spesa amministrativa era superiore ai soldi risparmiati dal calo del numero di morosi. Solo tre Cantoni, e anche questo è un indicatore importante sull’utilità di questo strumento, hanno ancora attive le liste nere.

Tra l’incudine e il martello restano però i Comuni, che a maggioranza chiedevano la riattivazione delle blacklist. Autorità di prossimità chiamate a un ruolo attivo nella gestione dei morosi che andrebbero sostenute. Magari evitando di obbligarle a segnalare alla magistratura chi non si presenta alla convocazione. Qui il riferimento è al Consiglio di Stato, che è nel frattempo tornato sui propri passi rendendo quest’obbligo una facoltà. Probabilmente per evitare costose iniziative popolari che avrebbero concrete ripercussioni sui Comuni: qui il riferimento è invece alla Lega sociale e alla sinistra, ovvero alle stesse forze politiche che hanno cassato le blacklist ribaltando in aula il parere della commissione parlamentare.

Ribaltone che si è visto anche sul tema dell’aiuto ai media dove la sinistra, questa volta grazie all’alleanza con Centro e partitini, è riuscita a portare a casa una vittoria non scontata. La dimostrazione dell’ultima seduta di Gran Consiglio è che quando i compagni riescono a dialogare con chi sta un po’ più a destra di loro – e proprio qui spesso sta il problema – qualche successo lo portano a casa.