laR+ IL COMMENTO

Lugano, quando il freno è tirato sui limiti

Suffragate dai due terzi dei cittadini le tesi dei referendisti sui poveri conducenti tartassati da multe e radar e costretti a circolare come una lumaca

In sintesi:
  • I paladini della mobilità privata hanno ottenuto un risultato che va oltre ogni loro migliore aspettativa
  • Lega e Udc hanno saputo sedurre l’elettorato con argomenti basati sull’istinto e sulle emozioni
Bastano quelle che ci sono già
(Ti-Press)
29 settembre 2025
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Uno smacco per la capodicastero Sicurezza e spazi urbani di Lugano e per quasi tutti i partiti, a parte Lega dei Ticinesi e Udc che hanno lanciato il referendum. I paladini della mobilità privata hanno ottenuto un risultato che va oltre ogni loro migliore aspettativa. I due terzi di chi ha votato (pochi in realtà, solo il 52,1%) non vuole più sentir parlare di altre zone a velocità ridotta a 30 km/h (le zone a 20 km/h previste erano solo due).

Per il movimento di via Monte Boglia, il risultato non fa che confermare la riuscita del tentativo di tornare a rivendicare i temi forti degli anni Novanta, quando tutto cominciò con la Carovana della libertà. Il fatto che si riparta dagli automobilisti non è un caso, potrebbe rappresentare la ripresa di un cammino verso il ritrovamento dell’essenza autentica, o meglio originaria, ossia quella di un movimento in grado di intercettare i sentimenti della popolazione. Ancora una volta è stata data la precedenza (a destra) alla narrazione che fa leva sulla “storiella” del povero conducente tartassato da multe e radar e costretto a circolare come una lumaca a causa dell’introduzione di nuove limitazioni di velocità lungo le strade comunali. Oppure, il risultato del voto è da leggere e interpretare come il capogruppo della Lega in Consiglio comunale a Lugano, ossia come una reazione di fronte alla politica che pretende di dettare le regole al cittadino? Di sicuro, numeri alla mano, i referendisti hanno fatto colpo, seducendo l’elettorato con argomenti basati sull’istinto e sulle emozioni, con le frasi ad effetto come ‘gli automobilisti non potranno più andare in giro, saranno fermi’ oppure ‘siamo contrari all’applicazione generalizzata e indiscriminata dei limiti di velocità’. E l’Udc? Si è accodata alla Lega, ha sostenuto il referendum, ma non ha contribuito granché alla raccolta di firme.

La maggioranza dei cittadini ha rifiutato le ulteriori moderazioni alla velocità, che probabilmente sono davvero state interpretate come una limitazione della libertà di circolazione sulla scorta degli slogan proposti dai referendisti. Una libertà di cui si potrebbe fare volentieri a meno, in particolare nei nuclei dei quartieri dove, invece, il buon senso imporrebbe di prestare maggiore attenzione, riducendo la velocità del veicolo. Ma tant’è. La maggioranza ha deciso e non ha ritenuto le moderazioni un miglioramento della sicurezza. Le misure, peraltro, sono state fortemente volute da quasi tutte le commissioni di quartiere di Lugano per ridurre il traffico parassitario, gli incidenti e l’inquinamento atmosferico e acustico, per incrementare la qualità di vita nei quartieri e favorire la mobilità lenta. Vien da chiedersi in quale modo possano pretendere di rappresentare i cittadini residenti nei quartieri tali commissioni.

La portata del voto avrà effetti che vanno oltre l’effettiva posta in gioco, proprio come hanno invocato a gran voce i referendisti? In altre parole il risultato potrà rimettere in discussione qualche orientamento che parrebbe ormai consolidato, come la riduzione dell’accesso in centro città per le auto? Le domande restano per ora senza risposta. Al momento possiamo soltanto affermare che alla Lega è riuscita l’operazione nostalgica per richiamare le proprie origini battagliere che in passato le hanno assicurato un ampio consenso popolare. E il percorso del movimento di via Monte Boglia, almeno a Lugano, pare tracciato verso un ritorno a riscoprire quel legame profondo che l’ha reso in grado di decifrare i bisogni dei cittadini, ispirando la sua azione politica, come accadde soprattutto ai tempi del Nano, che sapeva leggere nella pancia più che nella testa della popolazione.